Testo di Luisa Chiumenti

Curata  da  Gerardo de Simone, è stata allestita recentemente a  Castelfalfi | Montaione una mostra dal tema inconsueto, ricco di interessanti spunti e suggestioni. Luoghi abbandonati, moderne rovine in ferro, acciaio, cemento e amianto, che gli erano stati famigliari nella sua giovinezza vissuta nel savonese, sua terra d’origine,  sono stati gli inconsueti stimoli alla creatività di un giovane artista ligure, Alessandro Carnevale. In particolare le sue espressioni pittoriche riescono a sottolineare come, pur in corrispondenza con gli attuali, velocissimi progressi della tecnica, si sia fortemente sviluppato quello che Giuliano Briganti definì acutamente : “ il genio creativo dei “pittori dell’immaginario” che attraverso visioni, incubi, sogni, fantasie, rievocazioni mitiche e letterarie diedero forma ai fermenti protoromantici e agli spettri dell’irrazionale (quello che un secolo più tardi verrà chiamato l’inconscio)”.  E con una grande “forza visionaria” , in contrasto con il tramonto odierno dell’età industriale e  la  produzione estremamente meccanizzata, ecco, ad esempio, affermarsi la produzione di quegli “operai ‘costruttori’ delle acciaierie di Piombino di Fernando Farulli. E se la storia degli ultimi vent’anni è segnata da così numerose  dismissioni (basti pensare anche soltanto all’ILVA di Bagnoli narrata da Ermanno Rea), o le chiusure di stabilimenti e i numerosi  smantellamenti, siamo di fronte sempre  a profondi mutamenti antropologici, che determinano pesanti e drammatiche situazioni, che investono  gli spazi e  i luoghi di un  nuovo modo, assai impoverito e deturpato,  anche nel  vivere quotidiano. E se tra Otto e Novecento le architetture della modernità plasmarono nuovi scenari urbani e suburbani,  con  nuovi paesaggi e  nuovi simboli ( cantieri, fonderie, capannoni, ciminiere, raffinerie, gasometri, padiglioni, cisterne, gru, centrali, tralicci… ) che avevano un grande impatto visivo ed ambientale, ecco che ora quegli stessi luoghi determinano la stessa forte suggestione dell’”abbandono”:  “moderne rovine in ferro, acciaio, cemento, amianto” che hanno appunto sollecitato l’attenzione  e l’ispirazione  di  Alessandro Carnevale. L’Artista, che si interessa vivamente anche di musica, letteratura e  video, suggestionato dalla potenza evocativa di questi “scheletri giganteschi di un mondo dismesso”, ha realizzato un ciclo potente e memorabile, da lui intitolato “Sullo scandalo metallico”. Siamo di fronte a suggestive vedute di archeologia postindustriale, presentate in una sorta di “ atto di giustizia”, risarcimento testimoniale nei confronti della defunta civiltà dell’acciaio”. L’artista ha dipinto su supporti non  tradizionali, andando a ricercare materiali “consustanziali agli oggetti rappresentati”: lastre di ferro reperite nelle discariche, residui di rottamazione (di altiforni, caldaie, etc.), corrose e ricoperte di ruggine, irregolari, scabre, frammentarie: scarti della metallurgia, fossili di un’ era non geologica ma storica e tecnologica, che recano su di sé, nella “carne viva” della propria matericità corrosa,  l’essenza sedimentata e “sanguinolenta” della propria vicenda di uso e abbandono (lo “scandalo” dell’abbandono). Da un lato l’artista è ben cosciente della forza espressiva della materia e delle sue trasformazioni, anche violente (si pensi ai sacchi e alle plastiche bruciate di Burri; o all’uso dei metalli e alla sensibilità alle polarità energetiche dell’Arte Povera – Merz, Kounellis…), e delle pulsioni visive e sentimentali dell’Informale (i segni di Hartung, le astrazioni polimateriche di Tàpies); dall’altro rivela una sintetica, visionaria forza figurativa, che rimonta fino alla Toledo allucinata del Greco, a Turner , come ha sottolineato un acuto commentatore dell’opera di Carnevale, Francesco Maria Fabrocile: Carnevale si presenta come una sorta di  campione dei “pittori dell’immaginario” prima evocati, nelle accensioni cromatiche, nei tagli delle inquadrature , nella percezione acuta della bellezza “sublime”della distruzione che fa pensare anche al “romanticismo informale” novecentesco criticamente messo a fuoco da Francesco Arcangeli. Ed è ancora Fabrocile che richiama giustamente anche Vespignani (si osservino le vedute spettrali dei gasometri di Roma). Davvero numerosi  dunque i richiami e  le “citazioni” , nella particolarissima pittura di Carnevale, per l’approfondimento delle quali rinviamo all’interessante, pur piccolo catalogo, curato da Gerardo de Simone “Nuvole Volanti” Alessandro Carnevale Aurugines – Relitti Post-Industriali”,  pubblicato da “Bobi Bazlen” Servizi Editoriali s.n.c.

Per informazioni: www.nuvolevolanti.com