fino al 30 aprile 2016

di Luisa Chiumenti

Gli ampi spazi  dell’Auditorium del palazzo che fu  sede storica dell’IRI ed è  ora sede di Fintecna, in Via Veneto, 89 in  Roma, accolgono, fino al 30 aprile, un insieme di opere di grande fascino, che mostrano quale sottile filo colleghi il lavoro industriale e quello dell’arte, attraverso il materiale che entrambe le sottende. Ecco davanti a noi, in questa originale mostra, promossa da Fintecna Spa, gruppo CDP, in collaborazione con Gmgprogettocultura i materiali di recupero industriale plasmati in composizioni astratte, in modo che:  “luoghi di sudore e di fatica come le fabbriche”  si esaltano nel bel mezzo di una  sperimentazione artistica. Un miracolo psicologico, sociale e ambientale : un momento vissuto insieme alle trasformazioni sociali e ambientali che in Italia segnarono il fatidico momento del boom economico. MetaMateria: da prodotto strettamente pratico e strumentale la materia si trasforma, con questo progetto, in  “forma dello spirito”, in una straordinaria sintesi tra arte e industria, sviluppatasi in mezzo secolo di storia nazionale. Cinque gli artisti contemporanei: Eugenio Carmi, Luigi Gheno, Beverly Pepper, Arnaldo Pomodoro e Sinisca che danno prova di una tale “metamorfosi della materia”, nella mostra “MetaMateria – da materia d’industria a materia d’arte”. Fintecna con questo nuovo polo espositivo si pone come custode dei valori della stagione dell’impresa pubblica negli anni ‘50 e ’60, quando l’allora Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) seppe riconoscere con assoluta lungimiranza la funzione inalienabile della cultura e dell’arte nella società del tempo.

E leggiamo, in una frase pubblicata in Catalogo (a cura di gmprogettocultura, ed. Fintecna s.p.a) a firma di Beverly Pepper, sotto il titolo assai significativo:  “La scintilla della forza creativa”: Dopo tutto l’arte non è creata per confermare il nostro modo di vedere, ma piuttosto  per estenderlo e, inevitabilmente, sfidarlo. L’arte non deve essere sottomessa, rendendola familiare, ma deve inquietarci e disturbarci. Abbiamo sbagliato qualcosa se vediamo ciò che già conosciamo, se non abbiamo fatto alcuna scoperta”. Ed è vero dunque quanto afferma Riccardo Taddei, direttore generale Fintecna che “I tempi sono maturi per riproporre questo modello: in questo preciso momento storico i beni  culturali  costituiscono non solo l’occasione per fare cultura d’impresa, ma soprattutto per puntare all’unica risorsa possibile per il nostro Paese”. Alle importanti opere scultoree del progetto “Metamateria”,  un percorso tra le opere del patrimonio storico-artistico dell’ex Iri realizzate dagli esponenti di spicco delle ricerche formali degli anni del miracolo economico italiano, si aggiunge una raffinata esposizione di opere grafiche e pittoriche della precedente mostra “Ingegni d’Arte”: raccolta completa delle copertine di Civiltà delle Macchine”, testimonianze artistiche collegate tra loro da un comune denominatore: l’esperienza in fabbrica. “Il nostro modello – spiegano Sabrina Fiorino, Claudia Canalini e Nicoletta Provenzano curatrici di MetaMateria – “è quello di Civiltà delle Macchine, la rivista culturale aziendale dell’Iri, in cui artisti e intellettuali, dopo aver visitato le fabbriche, riflettevano sui cambiamenti che stavano accadendo negli  anni ‘50 e ’60 in Italia. Si interrogavano su come stava cambiando l’uomo insieme all’industria e al paesaggio, partecipavano alle tavole rotonde con i grandi pensatori, scienziati e premi Nobel, per poi realizzare  un articolo e  una copertina.

E perché non riproporre oggi  tale modello virtuoso? I tempi sembrano maturi per unire, in una grande sfida, nuovamente l’arte all’industria e affidare ancora agli artisti la comunicazione. Dall’ambiente siderurgico cinque protagonisti, Eugenio Carmi, Luigi Gheno, Beverly Pepper, Arnaldo Pomodoro e Sinisca traggono spunto creativo e cercano di indagare i meccanismi, le misure, l’organizzazione e le possibilità, instaurando rapporti umani profondi con chi vi lavora e introducendo spunti di riflessione che aspirano a sviluppare coscienza critica, culturale e sociale, ripercorrendo l’esperienza industriale in modi diversi, ma  tutti finalizzati a cogliere le trasformazioni sociali e ambientali di un Paese come il nostro che è proiettato sempre di più verso la  rigenerazione e il progresso. “La valorizzazione  dei patrimoni artistici materiali e immateriali”, sottolinea sempre Riccardo Taddei, può  aprire un percorso di  sviluppo verso nuovi sistemi, dove, al di là  di un possibile ritorno economico, si miri a quello culturale, unico che può condurre ad una vera innovazione.

 

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