Sabato 22 maggio 04
Il primo trimestre Fiat riporta una azienda sulla via del risanamento. Grazie a Morchio
Dai conti del primo trimestre Fiat, ne esce una fotografia di un gruppo che da un punto di vista industriale ha imboccato la strada del recupero (aspetto non secondario, visto che è cominciato in un periodo di stasi dell’economia), ma che da un punto di vista finanziario ha ancora qualche problema, specialmente riguardo il settore auto.
A disturbare in questa attività il debito, salito a 4,4 miliardi dai quasi 4 miliardi che gli analisti si attendevano. In Fiat giustificano questo dato con una “tipica crescita stagionale del capitale di funzionamento”. L’aumento del fatturato nei primi tre mesi del 2004, pari a 5,3 miliardi di euro contro i 4,9 dell’analogo periodo dello scorso anno, fa ben sperare, anche perchè è stato realizzato in una fase di mercato non particolarmente brillante.

A livello di Gruppo il fatturato nel trimestre è stato di 11,2 miliardi di euro rispetto ai 12,3 miliardi dell’analogo periodo del 2003. Tuttavia i ricavi , che nel primo trimestre del 2003 risultavano di 10,5 miliardi di euro, migliorano di circa 650 milioni di euro (+6,1%).
Il progresso è dovuto all’incremento del fatturato di Fiat Auto (+12%) e alle performance in particolare di Iveco (+6%), Marelli (+12%), Ferrari (+18%) e CNH, i cui ricavi nel trimestre sono cresciuti, in dollari, del +17%.
Il calo del fatturato a livello di gruppo è probabilmente in parte dovuto alla cessione di
Fiat Engineering con effetto dal primo gennaio 2004; azienda che nel corrispondente trimestre 2003 aveva realizzato ricavi per 83 milioni di euro. Dato che fa ancora più apprezzare l’aumento dei ricavi, che a fronte di un calo del fatturato, è stato certamente favorito dal forte abbattimento dei costi.

Le aziende del gruppo vanno bene anche a livello dei conti. L’americana CNH fa segnare un forte recupero di redditività, realizzando un utile operativo di 55 milioni di euro, rispetto alla perdita di 8 milioni di euro del primo trimestre 2003. Il risultato è stato favorito dalla ripresa del mercato americano, nonostante una penalizzazione di rapporti di cambio.
Bene anche Iveco, che registra un utile operativo di 45 milioni di euro, contro i 2 milioni di euro del corrispondente periodo dell’anno scorso.
Solo Ferrari a mostra un risultato operativo in regresso, nonostante il balzo del fatturato del 18%. Il problema risiede sia nella prevalenza del fatturato in dollari, penalizzato quindi dall’effeto cambio (gli Usa sono il più importante bacino di domanda per le auto del Cavallino); ma anche nelle spese fatte per rilanciare il marchio Maserati.

Anche la componentistica si è comportata bene. Magneti Marelli ha aumentato, nel trimestre, il fatturato del +12% circa. In forte miglioramento anche il risultato operativo, influenzato, oltre che dai volumi anche dalle azioni di riduzione costi.
Invece Comau mostra ancora qualche difficoltà, anche a causa di cessioni durante l’anno che ne hanno ridotto il perimetro del fatturato. A condizioni di perimetro comparabili,
comunque, il calo sarebbe sempre del 14%. La flessione è stata determinata dalla contrazione del portafoglio ordini del 2003, la cui acquisizione, tuttavia, in questo primo trimestre, è in forte ripresa soprattutto sul mercato europeo.
Diminuiscono invece le perdite operative, in recupero di oltre il 50% rispetto al primo
trimestre del 2003 per effetto anche qui della riduzione della struttura dei costi.

In conclusione, senza l’Auto il gruppo Fiat sarebbe un complesso sano, in recupero sia sul piano industriale che finanziario. Un Gruppo che nel 2003, quindi in un anno particolarmente difficile per tutto il mondo, ma in particolare per l’Europa, ha saputo difendersi e creare contromisure, (soprattutto riguardo la riduzione dei costi e la razionalizzazione delle strategie operative), i cui effetti cominciano dare adesso gli effetti benefici.
La scommessa adesso è Fiat Auto, soprattutto in relazione allla posizione finanziaria netta, che al Lingotto entro l’anno voglio ridurre almeno entro 3,8 miliardi di euro. Un impresa non impossibile.

Venerdì 21 maggio 2004
Sale l’inflazione nell’area euro, mentre le Fed prepara il mercato alla manovra sui tassi
Sale l’inflazione nell’area euro. E questo mette definitivamente una pietra sopra la possibilità che la Bce possa tagliare il costo del denaro.
Ad aprile l’indice armonizzato dei prezzi al consumo si è attestato al 2% secondo il dato definitivo di Eurostat. A marzo il tasso tendenziale dell’inflazione era all’1,7%. Anche se escludendo i capitoli energia, alcol e tabacco e generi alimentari l’inflazione è all’1,8% su base annuale, invariata rispetto al mese precedente. Su base mensile l’inflazione è cresciuta dello 0,4%. Nei Quindici paesi della Ue l’inflazione è passata dall’1,5% all’1,8%, e nei Venticinque da 1,7% a 1,9%, con un tasso mensile per tutti dello 0,4%.

Tenendo conto del fatto che l’obiettivo della Banca Centrale Europea è quello del mantenimento dell’inflazione al 2%, teoricamente gli spazi per un taglio sono oramai ridotti al lumicino. Se la manovra andava fatta, oramai è tardi. Probabilmente il taglio si sarebbe dovuto fare quando l’inflazione viaggiava attorno all’1,7%, qualche mese fa. Adesso non solo siamo al 2%, ma l’inversione di trend lo sconsiglia, con il bel risultato che nella Ue abbiamo una economia in ristagno (gli ultimi dati sulla fiducia delle imprese in Germania confermano una situazione di stasi), con una tendenza al rialzo dei prezzi. Il peggio che una economia possa subire.

Esattamente l’opposto di ciò che sta accadendo in Usa, che hanno il costo del denaro che è esattamente la metà di quello nella Ue, una inflazione sotto controllo, ma una economia che viaggia a ritmi del 4% annuo, quasi il triplo di quella della Unione Europea. Eppure anche in America da tempo si va rafforzando l’idea che il rialzo dei tassi sia dietro l’angolo. Il mercato lo da per scontato, basta osservare la curva di rendimento dei titoli obbligazionari emessi dal Tesoro Usa e dei vari stati Ue. Sui 24 mesi il differenziale di rendimento tra media area Euro e titoli Usa è praticamente impercettibile; con scadenze residue più lunghe i bond Usa rendono di più di quelli dell’area Euro. Sui titoli a 10 anni il differenziale a favore delle obbligazioni del Tesoro Usa è di 50 punti base. Sono dati inconcepibili se guardati puramente con la lente del costo del denaro.
Gli operatori stanno puntando sul rialzo da quando i dati sull’ultimo trimestre del 2004 hanno messo in evidenza una crescita impetuosa dell’economia americana. Ecco perchè probabilmente se il ritocco della Fed ci sarà, non sarà così drammatico.

Mentre invece un rialzo da parte della Bce potrebbe essere pesante in Europa, sia per l’economia, che per i prezzi delle obbligazioni a tasso fisso. Quindi chi adesso deve comprare delle obbligazioni in euro, dovrà puntare o sul tasso variabile, o sul tasso fisso, ma con scadenze residue non oltre i tre anni (quindi bond che verranno rimborsati non oltre il 2007); titoli che in caso di aggiustamento al rialzo dei tassi, potrebbero reagire meglio al calo dei prezzi dei bond.

Giovedì 20 maggio 2004
Tod’s fatica nel primo trimestre del 2004. Ma Della Valle ha studiato una nuova strategia
C’è delusione per i conti di Tod’s del primo trimestre 2003, soprattutto alla luce dei risultati positivi ottenuti dalle altre aziende del settore lusso-moda-tessile, come Valentino, Marzotto, Burani ecc. Il gruppo marchigiano nei primi tre mesi dell’anno ha quasi dimezzato la propria redditività chiudendo con un utile netto di 4,76 milioni di euro (-43,1% rispetto al corrispondente periodo del 2003), con un utile lordo di 7,8 milioni (-44,1%), un risultato operativo di 16,7 milioni (-22,9%) a fronte di un fatturato di 106 milioni (+1,7%). Dati che fanno dubitare sul raggiungimento dell’obiettivo posto per la fine del 2004, di una crescita del fatturato vicina al 10% e dell’1-2% per il margine operativo lordo.

Un risultato che conferma l’andamento faticoso del 2003, che già aveva evidenziato un rallentamento della crescita. Sul trimestre inizia a pesare, anche a livello di costi, il cambiamento di strategia del gruppo, che adesso punta sul retail. La conseguenza è stato l’ampliamento della rete di vendita, con l’apertura di 29 nuovi negozi, che hanno inciso sui costi. In particolare delle spese per locazioni immobiliari (+25,3%) e degli oneri per il personale. Questi ultimi sono aumentati del 17,1% a 60 milioni pari al 16,2% del fatturato, due punti percentuali in più del 2002, in seguito all’aumento di quasi il 13% dell’organico.
Di contro i ricavi non sono cresciuti, ma sono rimasti in linea con quelli dello stesso trimestre del 2003. Probabilmente torneranno a salire quando questa nuova strategia inizierà a dare i suoi frutti.

Nel 2003 i mercati asiatici hanno evidenziato la maggiore dinamicità salendo di oltre il 41% (+57,6% a cambi costanti) e arrivando a rappresentare l’8,6% del giro d’affari (6,4% nel 2002). Positivo l’andamento dell’Italia (+7,2%), dove viene realizzato il 48,9% dei ricavi. E’ nel resto d’Europa che le vendite sono diminuite del 2,3%. E il rallentamento riguarda anche il mercato americano, che ha registrato una diminuzione del 10,2% che però si trasforma in uno sviluppo del 7,3% escludendo l’effetto valutario.
Il problema della mancanza di crescita dei ricavi nel 2003 sta anche qui. Nel fatto che le quote di mercato sono salite solo sui mercati asiatici, ma che rappresentano solo l’8% del giro d’affari del gruppo di Dalla Valle. L’incremento del 7% in Italia è controbilanciato dai cali in Europa e in Usa, mercati importanti per il business di Tod’s.
Il problema è che quando si perdono quote di mercato, è difficile poi riconquistarle. E’ chiaro per esempio, che se in Europa il calo può essere dovuto alla difficile fase congiunturale, in Usa questo motivo non può essere addotto, perché la domanda di consumi in Usa è in crescita almeno da marzo 2003. Ne deriva che in America la stretgia di acqusizione di maggiori quote di mercato non ha funzionato e Tod’s ha perdto posizioni verso i competitor

La sensazione da più parti è che il patron Dalla Valle abbia un pò perso il polso della situazione, distratto da molti altri interessi meno core, anche se indubbiamente interessanti ed affascinanti. A partire dalla presidenza della Fiorentina, fino ad arrivare alle frequentezioni recenti dei salotti buoni italiani. Un distrazione che richiama alla mente alcune realtà aziendali italiane, fiorenti da un punto di vista industriale, ma che ad un certo punto hanno cominciato a declinare perchè i loro fondatori sono progressivamente stati affascinanti dalla sirena della finanza. Per Tod’s il campanello è suonato.

Mercoledì 19 maggio 2004
Aria di ripresa per il settore editoriale. Zoppica solo Class. L’analisi dei principali titoli
Spira un vento favorevole per il settore editoriale. Aspettando l’attesissimo risultato trimestrale di Rcs, sono le altre società editoriali che intanto tengono banco. Tutte con un primo quarto in progresso ad eccezione di Class. .

La corazzata Mondadori cresce in tutte le voci che contano del bilancio. Sale il fatturato a 411,2 milioni di euro, in crescita del 14,1% rispetto ai 360,5 milioni del 1° trimestre 2003. Aumenta l’utile ante imposte del 38,4% passando da 26,3 milioni di euro a 36,4 milioni di euro; e cresce l’utile operativo a 44,7 milioni di euro, in un aumento del 32,6%. Il mol è salito a 54,1 milioni di euro (+26,1%) rispetto ai 42,9 precedenti e in crescita anche il cash flow da 41 a 51 milioni.
Benissimo è andata la divisione libri, che ha visto un incremento del fatturato di oltre il 16%; un incremento sia in termini di copie che di valore, superiore a tutti i suoi competitor. Leggermente inferiore, ma pur sempre in aumento dell’12% i ricavi della divisione periodici.

Caltagirone
Invece il jolly nella trimestrale di Caltagirone editore è il quotidiano free press, Leggo.
L’azienda ha chiuso il primo trimestre con il margine operativo lordo a 15,3 milioni di euro in crescita del 14,1% sullo stesso periodo dell’anno prima.
Il valore della produzione nel primo trimestre del 2004 è stato di 65,1 milioni di euro, in crescita del 9,2% sul primo trimestre 2003. Bene sono andati i ricavi da raccolta pubblicitaria sono cresciuti nel trimestre del 4,3% a 41,2 milioni (grazie anche alla raccolta di Leggo), mentre i ricavi da vendita sono a 22 milioni (+18,7% sul primo trimestre 2003).
L’utile prima delle imposte è salito a 12,1 milioni di euro dai 10,2. La posizione finanziaria netta è positiva per 458,6 milioni di euro (era 441,9 milioni di Euro al 31 dicembre 2003). Attualmente il gruppo detiene in cassa liquidità per circa 600 milioni di euro.

E torna in utile anche Dmail per 40mila euro, contro il rosso di 1,5 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Ma a favorire il risultato va tenuta in conto la cessione di Bloomberg, il settimanale finanziario, che ha portato nelle casse della società toscana circa un milione di euro di entrate straordinarie.
In forte progresso la redditività con l’Ebitda che balza a 982.000 euro, da 82.000, con l’attività editoriale che ha contribuito per 328.000 euro. Anche se il fatturato del gruppo è rimasto praticamente invariato a 10,2 milioni contro i 10,1 precedenti. Si riduce l’indebitamento che al 31 marzo si attesta a 2,4 milioni, esattamente la metà del marzo 2003.

Bene Poligrafica San Faustino, che ha chiuso il trimestre con ricavi consolidati in aumento e un risultato ante imposte che torna positivo per 3.000 euro, da un dato negativo di 32.000 del primo trimestre del 2003.
Sale il fatturato di 9,5 milioni, grazie anche al contributo di Litografia Spada, acquisita recentemente, dai 7,29 milioni del primo trimestre dello scorso anno.

Unica azienda a zappicare è Class, che ha chiuso il primo trimestre con una perdita ante imposte di 1,2 milioni di euro da un rosso di 0,762 milioni nei primi tre mesi 2003. Una perdita quasi raddoppiata in un anno.
In forte calo anche il mol che passa a 1,1 milioni dai 2,4 milioni; e il fatturato, calato dell’11,8% a 21,5 milioni.