TERESA CARRUBBA



L?austriaco-americano Erich R. Kandel , premio Nobel 2000 per la Medicina insieme allo svedese Arvid Carlsson e all?americano Paul Greengard, esercita al College of physicians and surgeons della Columbia University di New York dal 1974 dove ha fondato e dirige il centro di Neurobiologia e Comportamento. I meccanismi della memoria sono legati a complessi sistemi di regolazione dell?attività cellulare, prevalentemente basati sulla fosforilazione delle proteine.


D.- Professor Kandel, qual è il significato della sua ricerca?
R.- Individuare “la trasmissione del segnale nel sistema nervoso”. Nel cervello umano ci sono miliardi di cellule nervose che sono collegate tra loro grazie a una complessa rete di processi. Il messaggio viene inviato da una cellula nervosa all?altra grazie a trasmettitori chimici e la “comunicazione” avviene in specifici punti di contatto chiamati sinapsi. I miei due colleghi ed io abbiamo puntato le nostre ricerche pionieristiche sulla trasmissione sinaptica lenta, che è un tipo particolare di trasmissione di segnali tra le cellule nervose. Le nostre scoperte sono state cruciali nella comprensione della normale funzionalità del cervello e di come i disturbi in questa trasmissione del segnale possano dar luogo a malattie neurologiche e psichiatriche. Oltre ad aver dato la possibilità di mettere a punto nuovi farmaci. Ma soprattutto, le mie ricerche sulla plasticità sinaptica hanno individuato i meccanismi cellulari, molecolari e genetici della memoria.
D.- Cos?è la plasticità sinaptica?
R.- Abbiamo detto che la sinapsi è il punto di legame delle cellule nervose, cioè dei neuroni, in cui avviene la comunicazione dei segnali. Ma i neuroni, in certe situazioni, possono mutare le sinapsi : questo dimostra la loro plasticità. E sulla base di una teoria che il grande fisiologo spagnolo Santiago Ramon y Cajal aveva formulato ai primi del Novecento io ho supposto che la plasticità sinaptica fosse all?origine della memoria nel nostro cervello.
D.- Come nascono i ricordi?
R.- Quando apprendiamo e memorizziamo un comportamento, un evento, un testo, ne imprimiamo le tracce in una zona specifica del nostro cervello. La mia tesi è che la memoria sia il risultato di micro-modificazioni fisiche delle sinapsi. La difficoltà della ricerca è stata quella di percepire tali cambiamenti infinitesimali tra i miliardi di sinapsi che compongono il cervello umano. 
    

D.- Da qui la sua intuizione di studiare l?Aplysia californica, la lumaca marina dell?isola di Catalina…
R.- I neuroni dell?Aplysia sono simili ai nostri e i segnali elettrici che i suoi neuroni si inviano tra loro, assolutamente identici a quelli dell?uomo. Anche se il gasteropodo in questione ha un sistema nervoso composto di soli ventimila neuroni, contro gli 11 miliardi del cervello umano. Uno scrigno ben più grande per custodire i nostri ricordi! Grazie ai miei esperimenti con l?Aplysia, ho capito che un semplice riflesso di retrazione del suo organo respiratorio (branchia e sifone) può venire modificato in due modi: per abitudine o sensibilizzazione. Se viene spruzzata dell?acqua sul sifone dell?Aplysia, l?animale ritira immediatamente sia il sifone che la branchia. Se però si continua a farlo, l?animale contrarrà il sifone sempre di meno, abituandosi allo stimolo. Tuttavia, l?abitudine non è la sola forma di apprendimento possibile. Il riflesso provocato può anche essere oggetto di sensibilizzazione. I miei colleghi ed io stimolavamo la cute della testa dell?Aplysia con una leggera scossa elettrica, a più riprese. Dopo l?esperimento, anche semplicemente toccando quella zona con un dito si provocava un? improvvisa retrazione del sifone e della branchia. Abbiamo provato che questi riflessi comportamentali alla stimolazione sono provocati dalla plasticità della sinapsi: dunque, che la memoria nasce nella sinapsi.
D.- Quali conseguenze ha avuto questa scoperta?
R.- La consapevolezza che all?interno del neurone sensoriale si attiva un gene, detto CREB, il quale determina la sintesi di proteine che modifica in modo più o meno persistente la sinapsi generando le due possibili forme della memoria: una transitoria a breve termine, ed una duratura o a lungo termine. Ciò ha confermato la mia teoria che la memoria avesse una spiegazione organica. 


      

D.- Quali sono le prospettive cliniche della sua ricerca?
R.- Attualmente i risultati degli studi sulla memoria hanno sbocchi clinici davvero importanti. Per esempio riguardo all?Alzheimer , morbo che oggigiorno ha più probabilità di colpire, tanto più quanto più si allunga l?aspettativa di vita. Ma anche per quanto concerne il “fisiologico” invecchiamento delle cellule nervose che ha come conseguenza anche la minore capacità di memorizzazione. Il mio auspicio è che i dati ottenuti grazie alle ricerche della mia equipe, specie quelli riguardanti l?”ippocampo”, zona deputata alla costituzione e all?immagazzinamento della memoria, possano far luce sui meccanismi che conducono alla perdita della memoria con l?avanzare dell?età e magari arrestarne o rallentarne il processo.
D.- Nella vita odierna, spesso modificata dall?ansia e dallo stress, è possibile proteggere la nostra memoria?
R.- Molto dipende dalla qualità della vita. È possibile prevenire l?”invecchiamento della capacità di memorizzare” conducendo sempre una vita stimolante, mantenendo attiva la nostra mente così come facciamo con il corpo. Soprattutto quando non si è più giovani. Sarebbe opportuno cambiare genere di attività, ogni tanto, per far sì che il nostro interesse e il nostro entusiasmo vengano rinnovati. Ciò stimola sensibilmente i meccanismi delle cellule nervose del cervello, con influenza decisamente positiva sulla memoria.
D.- Perché la memoria è così fondamentale nei processi mentali e nell?approccio psicoanalitico?
R.- Perché noi siamo chi siamo soprattutto grazie a quello che ricordiamo della nostra vita.
           

    

Neanche la persona più algida e imperturbabile ne è immune. Sogni e ricordi sono l?unico laccio tenace che ci tiene stretti al futuro e al passato: i mattoni portanti della nostra vita. Cosa sarebbe l? esistenza senza l?eccitante propulsione del sogno e del desiderio e senza l?educativo bagaglio della memoria? Il mosaico di noi stessi si è autocostruito con le preziose tessere dei ricordi che disegnano il DNA del nostro vissuto, del nostro carattere, del nostro comportamento. L?io-uomo è quello che ha imparato ad essere con l?apprendimento, con l?interesse, con lo stimolo che la “memoria” ha metabolizzato in una personalità unica e distinta da tutte le altre. Un profumo, un sapore, una musica, una voce, possono riaccendere istantaneamente il bambino che siamo stati, l?adolescente, l?adulto, nella sequenza filmica del nostro passato. Possono tuffarci nelle pieghe stratificate dei ricordi con sensazioni analoghe, senza soluzione di continuità, azzerando il tempo. Lo stesso stimolo scatena il riflesso condizionato della stessa emozione, confermando la nostra identità innata e quella costruita. Questa è la memoria. La memoria sensoriale. La memoria che rievoca e rinsalda. La memoria che fa di noi quello che siamo.    



       Ma la memoria, oltre che emotiva, è anche funzionale. Si distingue così una memoria associata all?apprendimento e alla rievocazione di informazioni (memoria dichiarativa) da una memoria di azioni (memoria procedurale) che consiste nel saper fare una determinata cosa per averla già fatta altre volte. Dal punto di vista scientifico, le classificazioni più accreditate concordano nel suddividere la memoria in: sensoriale, cioè il processo percettivo in cui le informazioni provenienti dagli organi di senso vengono riconosciute; a breve termine, che trattiene un numero limitato di informazioni per un breve periodo di tempo (pochi secondi) e comporta l? attivazione elettrica di alcuni neuroni , senza modificazioni durature; a lungo termine, grazie alla quale le informazioni vengono trattenute per un periodo di tempo più lungo. Poi, parte delle informazioni si perde, parte si conferma e diviene memoria permanente. Segue così una fase di consolidamento con la quale l?informazione memorizzata diventa resistente all?oblio e all?interferenza con altre informazioni. La memoria a lungo termine implica la creazione di nuove connessioni tra i neuroni del cervello, grazie all?attivazione della produzione di Rna e specifiche proteine. Esiste poi la cosiddetta – memoria emotiva -, identificabile con l?inconscio, in cui restano incise le esperienze “preferite” dalla nostra mente che ha una capacità selettiva in grado di evitare il peso di informazioni inutili. La memoria del linguaggio, grazie alla quale ricordiamo vocaboli e regole grammaticali che permettono di esprimerci correttamente e di comunicare. E ancora, la memoria dell?ambiente e della società: il lavoro, la famiglia, i rapporti con gli altri. La memoria, pur essendo un processo dinamico, può identificarsi come una sorta di archivio dove i ricordi vengono in qualche modo messi in ordine e classificati. La “chiave” con cui l?informazione viene collocata sarà anche quella che permetterà di accedere all?archivio al momento del recupero dell?informazione.