ANNAROSA TOSO


Portovenere
    

Il bagno padronale era talmente grande che il vicino sotto di noi ne aveva ricavato una stanza. Aveva due porte: una si apriva sul corridoio e l?altra comunicava con una stanza di servizio. Davanti questa porta non utilizzata, coperto da una tenda fiorata, c?era uno spazio che nascondeva bauli e valigie. In uno dei bauli venivano conservate le cose del mare: costumi, copricostumi di cotonina leggera a fantasia, le spugne, che poi erano gli asciugamani più consumati della casa, cappellini di paglia, zoccoli di legno, borse di paglia, la mia ciambella salvagente, delle palle di gomma colorate, l?immancabile secchiello, qualche formina di metallo per giocare sulla sabbia.
L?apertura del baule avveniva prima di partire per le vacanze al mare, quasi sempre in Liguria: un vero e proprio rituale che serviva per sostituire e rinnovare le cose  non più utilizzabili. All?apertura del baule io avvertivo un profumo di mare e d?estate. Avvertivo il sentore di salsedine e dello iodio misto a quello dell?ambra solare, della gomma della ciambella salvagente e immediatamente tornavo all?estate precedente.

San Fruttuoso
    
Semplici ricordi di giochi sulla sabbia, del treno che attraversava tante gallerie prima di arrivare a destinazione, di coni gelati, della focaccia con le cipolle, del pandolce genovese, delle gite in vaporetto fino a Portovenere o la prima volta a San Fruttuoso in battello per visitare il Borgo dei Doria o quella giornata a Portofino per assaporare quell?atmosfera così speciale e così unica allora più di oggi, culminata con uno strepitoso fritto di pesce in una  trattoria con una terrazza dal magico panorama sul mare. 

La destinazione non era mai la stessa, si andava dove si trovava una casa comoda oppure in albergo, ma io non ero tanto contenta dell?albergo perché i miei pretendevano un  comportamento ineccepibile soprattutto a tavola, cosa che io non ero disposta a concedere con il risultato che ero continuamente in punizione.
    
Fiascherino
    
Preferivo la casa, meglio se c?era un giardino. In tal caso riuscivo a trasferire tutte le mie piccole abitudini, a portare con me il mio bambolotto preferito e il gioco della cucina che funzionava davvero se si mettevano sotto i fornelli delle microscopiche tavolette di un materiale che si chiamava meta, che si accendeva e portava in ebollizione un?altrettanta microscopica pentolina.

Un?estate siamo andati a San Terenzo. Un paesino tranquillo vicino a Lerici con un bel lungomare  e un castello che si protende verso il mare e con dei dintorni magici come Tellaro e Fiascherino ancora oggi sconosciuti alle grandi masse. Mi sembrava così bello quel paesino e ho scoperto tanti anni dopo tornandoci, che lo era davvero. Ho ritrovato quasi tutto come prima, senza provare delusione come spesso capita quando i ricordi sono dilatati e annebbiati dal tempo e la realtà è ben diversa da quella che avevamo immagazzinato dentro di noi.
    
Portofino
    
Ho trovato lo stesso paese raccolto e tranquillo, con il mare così come lo ricordavo, la stessa gente di Liguria rude ma con il sorriso, con quella cadenza dialettale così particolare ma così diversa dalla riviera di ponente a quella di levante, gli stessi profumi tanto simili a quelli rinchiusi nel mio baule che si liberavano nell?aria dopo un anno di prigionia.

E poi misuravo i costumi. Ne avevo due per fare il bagno e di lana: uno tutto blu e l?altro a righe bianche e blu, naturalmente interi per coprire forme che ancora non c?erano. E poi due prendisole di cotonina colorata.  Ricordo il costume blu come una tortura. Primo perché la lana mi causava irritazione e poi perché il blu attirava terribilmente il calore. Chissà perché poi il blu. Forse per continuare la tradizione del blu della divisa scolastica o dei vestiti delle feste dove il blu era il colore predominante. O perché il blu – come sentivo spesso dire -  “tiene lo sporco” e i golfini si potevano trasmettere ai cuginetti più piccoli ereditando quelli dei più grandi. Sull?allacciatura a destra piuttosto che a sinistra non si facevano storie. Il consumismo in quegli anni era pressoché inesistente. Le cose si rinnovavano quando erano rotte, quando non andavano più bene o per le occasioni importanti per le quali non si facevano economie. Gli indumenti si compravano di una misura più grande e si portavano fino a quando non entravano più. Io che crescevo poco -in effetti sono rimasta piccola – ho portato per anni le stesse cose, come il costume di lana blu che ho indossato per tanto tempo. La lana era elastica e cedeva, le bretelline si allungavano, lo scollo si allargava. Se non fossi stata una bambina si sarebbe potuto dire che con quel costume addosso ero sexi.
    
Lerici
    
Dopo il bagno a mare, che mi sembrava sempre troppo breve, mi facevano la doccia e mi infilavano il prendisole. Da quel momento era proibito avvicinarsi alla riva. Un pezzo di focaccia sotto l?ombrellone, un giornalino e poi a casa per evitare il caldo di mezzogiorno. Tutto questo rigore mi è sembrato una vera tortura, una ingiustizia, una cattiveria. Come potevano portarmi a casa quando ancora tanti bambini erano sulla spiaggia e giocare, anzi ancora nell?acqua? Come potevano essere così perfidi? Come potevano essere così insensibili alle mie richieste a volte accompagnate dal pianto per rimanere ancora? Per me erano proprio crudeli, anche perché non erano ammesse discussioni e negoziati: si andava a casa e basta.

Levanto
    
Un pomeriggio alla spiaggia mi accompagnò uno zio, il quale, preso dalla sua lettura, si dimenticò di me, che potei rimanere nell?acqua tutto il tempo desiderato. E? stato in assoluto il bagno più bello che io abbia mai fatto in tutta la vita. Uscivo dall?acqua e rientravo a mio piacimento senza l?incubo di qualcuno che mi aspettasse per avvolgermi nell?asciugamano. Quando finalmente mi sono stancata e sono uscita dall?acqua avevo le dita che sembravano bollite,  ero gelata, intirizzita ma felice con il costume di lana blu diventato una vera cotica informe di sale e sabbia.