GIUSEPPE GARBARINO


Manzetti
    

Forse era un pomeriggio  estivo del 1850, quando un certo Innocenzo con il fratello  Ananìa per vincere la monotonia di quelle giornate afose decisero di dedicare il loro tempo a intavolare uno scherzo al nipotino.

Un burattino decapitato, un teschio raccattato chi sa dove e un vecchio cappello che Innocenzo riuscì a far parlare  a distanza. Detto così niente di eccezionale, che il Manzetti fosse un mago? Un?imbonitore da strada? Niente di tutto questo, Innocenzo Manzetti era un inventore, inventore nel senso più completo e disincantato del termine.  

Già da tempo la curiosità del Manzetti si era concentrata  al fatto fisico della trasmissione dei suoni  attraverso dei corpi solidi che per lui appariva come una frontiera da raggiungere e superare.

Il burattino con il teschio deve aver spaventato diverse persone e fatto riderne molte altre se tanti anni dopo Ananìa  Manzetti ne ricordava il fatto nel tracciare la vita e le invenzioni del fratello Innocenzo.

Ecco che quel filo legato a due cappelli da passeggio permetteva alla voce di spostarsi da un luogo all?altro in modo innaturale ma abbastanza vibrante per incuriosire e stimolare il Manzetti  a rivolgere le sue ricerche alla sperimentazione di un prototipo sempre più perfezionato di quello che chiamò telegrafo parlante.

Innocenzo Manzetti era quello che si potrebbe definire come il tipico genio italiano, nato dalla tradizione secolare che ha visto tanti suoi simili primeggiare in arti, scienze e cultura, ma allo stesso tempo appartiene a quella schiera che per vari motivi non ha visto riconoscersi la bontà delle sue scoperte e delle loro applicazioni.

Casa ad Aosta
    
Nato ad Aosta il 17 marzo del 1826, era figlio di emigranti nostrani, il padre era infatti di Invorio Inferiore, tranquillo paesino nei dintorni di Arona, che alla ricerca di lavoro si trasferì nella città alpina nel 1824.

Diplomato senza difficoltà geometra a Torino, ebbe subito un posto all?Uffico del genio Civile Divisionale di Aosta, ma la curiosità e le ambizioni  gli fecero lasciare quel lavoro per dedicarsi alla libera professione di geometra e nel tempo libero a rincorrere sogni, idee ed applicazioni meccaniche.

Prima di dedicarsi al ?telefono?, nel 1848 stupì i suoi concittadini con un automa che suonava il flauto, un vero e proprio robot, un capolavoro di ingegneria  meccanica  nel quale apparivano piccole genialità come un tipo di plastica inventata proprio dal Manzetti.

Questo spettacolare automa muoveva le braccia, salutava con voce umana, e suonava il flauto! Quale meraviglia per gli aostani che accorrevano incuriositi a vederlo.  C?erano voluti 8 anni di duro lavoro per realizzare i meccanismi dell??uomo artificiale?, come venivano chiamati a quell?epoca i pochi prototipi di quel genere, infatti il termine robot venne coniato solo nel  1920 da Capek Karel, scrittore  cecoslovacco.

Fu proprio la realizzazione di questo automa ad aprire un nuovo orizzonte nella mente di Innocenzo Manzetti, trasferire i suoni da un luogo all?altro.

Ma quegli anni furono fervidi di stimoli ed interessi, tanto che il 6 marzo del 1861 ?Le Valdotain?, giornale locale, segnalava l?invenzione di un certo Serpollet che in Francia aveva ideato un carro a vapore per trasportare fino a otto persone, ma muovendo dei dubbi sul primato di codesto signore affermando che forse ben 30 anni prima ad Aosta uno sconosciuto di nome Manzetti aveva percorso le strade cittadine.

Grande mente questo Manzetti, ma con pochi mezzi e nessuno che lo consigliasse o appoggiasse finanziariamente le sue scoperte ed applicazioni tecniche, soprattutto per tutelare le sue scoperte con un brevetto.

E? lungo l?elenco delle sue invenzioni, tra queste un curioso velocipede a tre ruote, sistemi di filtraggio dell?acqua, un pantografo estremamente raffinato e preciso, un pappagallo volante, forse il motore a scoppio e un oggetto che tutte le massaie degli ultimi cento anni ricordano, la macchina per la pasta, depositata con brevetto del 1857 e venduta per pochi soldi a una fabbrica inglese che ne trasse grande profitto economico.

Automa
    
Tutte queste notizie sono state per anni prigioniere dell?oblio, fino a quando due eroici appassionati di storia locale, Mauro Caniggia e Luca Poggianti hanno riscoperto e studiato in modo molto approfondito tutti gli eventi che gravitavano intorno all?invenzione del telefono, portando alla luce fatti e curiosità che capovolgono completamente gli eventi storici che conosciamo su questa invenzione.

Ma andiamo per ordine ed entriamo nel merito di questa  storia di spionaggio, truffe e mistero.

Per i due ricercatori aostani sopra citati, il Manzetti forse iniziò i primi approcci con la trasmissione dei suoni all?età di soli 18 anni, proprio quando fece lo scherzo del teschio  al nipotino, ma sempre nello stesso periodo provò a trasmettere suoni alla distanza di 600 metri!

Gli anni passarono, ma nella mente del Manzetti rimaneva l?idea fissa di come amplificare il suono trasmesso dalla semplice cordicella tesa tra due punti. Arrivò in suo soccorso l?elettricità  e una serie di osservazioni sul magnetismo e la possibilità delle varie applicazioni.

Era il 1861, quando riuscì  a trasmettere  ad una distanza di  due chilometri  un brano musicale. Quale stupore per i presenti, ma solo nel 1864, grazie alla testimonianza scritta del canonico Edoard Bérard, viene ultimato definitivamente il telefono elettrico.

Due cornette a forma di imbuto con un diaframma di carta pecora collegate da un filo metallico e una lamina di ferro, oltre a una bobina dalla quale partiva il filo di rame che raggiungeva l?altro apparecchio uguale. Ecco che le onde sonore erano trasformate in onde elettriche per raggiungere l?altro apparecchio e diventare nuovamente onde sonore.

Ecco come la notizia dell?invenzione venne data da un giornale locale: ?Il signor Innocenzo Manzetti, di cui abbiamo avuto più volte occasione di parlare, ci ha informati  di un?applicazione assai sorprendente del filo telegrafico. Dei suoni prodotti da un apparecchio alla stazione di partenza, possono riprodursi alla stazione di arrivo; per mezzo di questo strumento si potrà parlare  da Aosta a Torino, a Parigi, a Londra, ecc??? ne abbiamo la certezza, il signor Manzetti riuscirà nella sua impresa e legherà il suo nome alla scoperta più sorprendente del nostro secolo?, L?Independant, 29 giugno 1865.

Cornetta di telefono_Manzetti
    
Altri giornali parlarono del genio del Manzetti e il 22 agosto del 1865 il settimanale ?Feuille d?Aoste? scriveva che: ?alcuni meccanici inglesi, ai quali il signor Manzetti ha recentemente svelato il suo segreto per trasmettere la parola per mezzo del filo elettrico, si propongono di applicare questa invenzione ai telegrafi privati, l?uso dei quali è molto diffuso in Inghilterra??.

La notizia si diffondeva velocemente e ormai era arrivata oltre le Alpi, ma  anche nel paese natale del padre Pietro Manzetti, Invorio vicino ad Arona sul lago Maggiore che gli concesse un contributo di cento lire come incoraggiamento e per ricordare che quel genio era in qualche modo legato al luogo.

Fu lo stesso Manzetti a ricordarsi anni dopo, alla notizia del telefono  brevettato da Bell, che proprio in quegli anni un certo Prof. Bell lo aveva visitato  al suo laboratorio e si era dimostrato molto interessato alla sua invenzione. Questi altro non era che il padre di Alexander Graham Bell che proprio in quel periodo era in viaggio di lavoro per l?Europa.

Manzetti morì nel 1877 e tre anni dopo la moglie Maria Rosa Anzola e il fratello Luigi Manzetti furono vittime di un vero e proprio raggiro, quello che oggi verrebbe definito spionaggio industriale, materiale per un bel film!

Due stranieri arrivarono alla casa del defunto Manzetti verso la fine del gennaio 1880 e riuscirono a convincere la moglie e il fratello, unici eredi, di dare a loro tutti i progetti e i prototipi del telefono, in cambio di una cifra di 10.000 franchi, somma di grande importanza a quell?epoca.

Gli accordi consistevano nel fatto  che il telefono del Manzetti venisse riconosciuto come sua invenzione da parte della Corte degli Stati Uniti. Venne anche fatto un accordo scritto da un notaio, per rendere legale la cessione dei progetti e del materiale prelevato nel laboratorio di Aosta, ma naturalmente ne Rosa ne Luigi seppero più nulla.

Grazie alla tenacia di Mauro Caniggia e Luca Poggianti è stato scoperto chi erano i due personaggi che affrontarono un lungo viaggio per arrivare ad Aosta, si trattava di Max Mayer un banchiere tedesco che doveva garantire per la parte finanziaria della ?cessione? e Horace H. Eldred, presidente della Bell Telephone Company del Missouri!

Cornetta di telefono_Meucci_1860
    
Il viaggio in Italia venne probabilmente pianificato con attenzione perché Eldred arrivò ad Aosta munito anche di una lettera di presentazione dell?Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia e che nel 1864 aveva abitato proprio al confine tra Valle d?Aosta e Piemonte, da dove aveva sicuramente avuto modo di ascoltare l?eco dell?invenzione del Manzetti.

Il 14 aprile del 1880 Eldred brevettava il telefono Manzetti o meglio la parte che avrebbe permesso al telefono Bell di essere perfezionato. Quindi quello che Innocenzo Manzetti aveva inventato e perfezionato fino alle dimostrazioni del 1865 era ancora attualissimo e all?avanguardia nel 1880, quindici anni dopo! Inutile dire che i disegni presentati nel brevetto Eldred sono uguali alle descrizioni del telefono di Innocenzo Manzetti.

Inquadrando storicamente l?invenzione del telefono Manzetti, non possiamo dimenticarci di quello del Meucci, presentato a New York nel 1865, ma indubbiamente  di qualità inferiore.

L??Eco d?Italia? giornale in lingua italiana che si pubblicava a New York, il 21 ottobre 1865, dava la notizia dell?invenzione del Manzetti di Aosta e riferiva di un certo Meucci che proprio nella città americana asseriva di aver fatto la stessa scoperta.

Qui la disputa si fa complessa, ma lo stesso Meucci asserì in una lettera a Ignazio Corbellini direttore de ?Il commercio di Genova? che ? ?io non posso negare al sig. Manzetti  la sua invenzione?.?.

Cosa accadde al Meucci è nei libri di storia e solo da pochi anni gli è stata riconosciuta la paternità del telefono, ma anche il Manzetti aspetta la sua rivincita e per capire meglio tutta la storia è necessario approfondire le informazioni storiche sul sito internet www.innocenzomanzetti.it  o visitare la mostra, su appuntamento, ?Au fil del ondes ? 150 ans de télecommunications en Vallée d?Aoste? organizzata dall?AVAS alla Maison de Mousse di Runaz ad Avise in Valle d?Aosta.

Un bel libro sull?argomento uscì nel 1996, ?Il valdostano che inventò il telefono? di Mauro Caniggia e Luca Poggianti per il Centro Studi De Tillier, presto uscirà dalle stampe un altro pregiato volumetto, una di quelle chicche di cultura e storia con numerose informazioni storiche, documenti e curiosità che valorizzeranno ancora di più la figura di questo personaggio per troppo tempo lasciato nell?oblio.

Il libro “Il laboratorio delle meraviglie – dall?automa al telefono Manzetti” di  Luca Poggianti e Mauro Caniggia Nicolotti, casa  editrice La Vallée,  verrà presentato a cura degli autori e dell?Assessorato  alla Cultura del Comune di Aosta  l?ente che patrocinante  del progetto.