Testo e Foto di GIUSEPPE GARBARINO

Volterra Anno Domini 1368, le sue pietre che da secoli assistono immobili al rito eterno del dare e dell’avere, rivivono con ombre suoni e luci un giorno di memoria per il tempo che fu, ben oltre a quello di “Berta filava”, siamo al 1368, pieno Medioevo e una accozzaglia di popolani è giunta da ogni dove per la grande fiera di Volterra. Saltimbanchi, maghi, cerusici da strada, musicanti e danzatori, giovani chierici erranti, donne di facili costumi, tutti a Volterra per ricreare quell?atmosfera di festa che quasi in modo unico dava modo alle città di un tempo di risvegliarsi dal torpore immutato dei riti quotidiani, dal tempo scandito dalla campana della chiesa, dalle laudi e dai vespri. Luogo di incontro tra il mondo contadino e quello cittadino, il momento della fiera era atteso per un anno intero, perché dava modo di scappare, spesso nel vero senso della parola, quando per qualcuno era il modo di avvicinare qualche compagnia di girovaghi e fuggire con loro verso nuove città, nuove persone e nuovi modi di pensare. Per qualcuno era il modo di crescere culturalmente e professionalmente, per altri solo il modo da uscire da  un incubo della quotidianità e della povertà e forse il modo per scappare veramente unendosi a qualche gruppo di girovaghi.

Ecco che per un giorno tutto cambiava, tutto poteva cambiare, gente nuova, incontri, scambi di notizie e di merci, curiosità e il modo per aprire gli occhi verso orizzonti lontani. Tutto questo è a Volterra, dal 17  al 24 di agosto del 2008 dove già da undici anni viene organizzata in modo magistrale e con grande partecipazione popolare una rievocazione storica che attira sempre più persone.  Parte dell?antica città, di origine etrusca, viene chiusa in modo che l?accesso sia regolamentato da un apposito biglietto e vi assicuro che ne vale veramente la pena!

Ore di spettacolo ininterrotto, con professionisti, ognuno maestro di se stesso, che si dedicano anima e cuore al divertimento di chi ha raggiunto Volterra. Nel centro storico della cittadina, intorno ai più importanti monumenti si svolge quell?intreccio nato dalla mano attenta di un coreografo moderno, ma allo stesso tempo con quel senso di non premeditazione di estemporaneità di ?lasciato al caso?, come se ognuno, nell?allestire il proprio banco di norcinaio, panettiere, fabbro, abbia lasciato al caso il posizionarsi in un angolo cittadino piuttosto che in un altro.

Tutta la popolazione si trasforma in figuranti, chi con ricchi abiti signorili, chi da semplice contadino, cavaliere templare, e non mancano loschi figuri di Boia, pronti a fare roteare la propria scure sulla testa del malcapitato. Ecco all?angolo del diavolo un giullare che ha girato mezza Italia, esibendosi alle corti dei signori più famosi, e la infondo alla via dell?Arco due giocolieri esperti mangiafuoco. Le dame, pardon? le madonne non mancano e gli abiti dell?epoca sembrano farne tante  damigelle di tenue signorilità, con sorrisi timidi ?. , sarà l?abito?.

 

C?è spazio per tutti, per tutti i gusti e curiosità, programma alla mano è tutto un correre da un canto all?altro, da una piazza a una corte, alla ricerca di quelle chicche di magia eterna, oggi come ieri sempre originali, sempre apprezzate, sempre attuali.

In questo caotico brulicare di genti ed eventi, tutto sembra lasciato al caso, improvvisato, ma mentre un maestro di danza scandisce i passi e con cenni di mano incita i musici par suoi ad esprimersi con antichi suoni, spiega, cita, racconta l?origine di quella danza lontana, parla di principesse e regine che amavano quel passo, nelle loro residenze dove l?amor cortese scandiva il tempo.

E? guardando il programma (www.volterraad1398.it) con i nomi dei vari gruppi che partecipano festanti alla prima delle due giornate volterrane, che spicca il nome dei Calenda Maya, un nome che dice qualcosa, ed ecco che dalla memoria esce la storia, il significato, il gusto del ricordo. I Calenda Maya di Rambaldo di Vaqueiras, ?trovator cortese?, primo ad usare il volgare scritto per tramandare le sue canzoni.

 

E? la sera, quando i più sono armai incolonnati in auto verso la costa del turismo di massa che Volterra respira e i suoi angoli caratteristici e le sue pietre arrossano al tramonto. Solo in quel momento si comprende il mistero del tempo e della storia ed è quasi mistico trovarsi vicini all?arco delle tre civiltà, il famoso arco delle mura etrusche, poi romane e infine medievali.

Se ci fermiamo ad ascoltare, sentiamo il brulicare di cento idiomi; oggi sono i francesi, olandesi, tedeschi che si mescolano con i diversi intercalare delle varie città italiane; nel 1368, forse si sentivano i berci dei contadini che vendevano i prodotti della terra, uova, granaglie e fagioli, ma non tutti sanno che Volterra, già etrusca e poi romana, è stata la centro di quella che viene chiamata la piccola Sassonia, un?enclave che dopo il 950 d.C. vedeva nell?antica lingua tedesca quella principale. E? qui che si stanziarono migliaia di sassoni, inviati dall?imperatore Ottone I a sfruttare le miniere e a fonderne i metalli, è in queste campagne che i toponimi di lontana origine germanica sono più numerosi.

Come non ricordare alcune località che mescolano alla storia tradizioni e curiosità; ecco la Sassa, arroccata sul Poggio al Pruno, Sasso Pisano con le sue fumarole, Sasseta ricordata per le cave di pietra rosso ammonitico e i boschi di castagno.

 

Qui i sassoni trovarono anche le miniere di sale di Volterra e così, secoli dopo alcuni di loro tornarono in terra germanica come specializzati capomastri a sfruttare le miniere di salgemma di Salisburgo.

 

E? anche a questa lontana mescolanza di sangue che si deve la prosperità  e il gusto della bellezza di Volterra, quella Velathri  etrusca che doveva essere favolosa, posta in alto, con le sue mura spazzate dal vento, a guardare verso un panorama eterno.

Affacciatevi da uno dei balconi naturali di Volterra e verrete sottomessi dalle lunghe ombre della sera, colorate dal rosso del tramonto e baciate dalla grande luna rossa che cresce nelle sere d?estate verso sud, annebbiata leggermente  dai fumi di Larderello; sarà allora che dimenticherete tutto, trovando in voi i più sopiti desideri e nascoste speranze.