Con “Il sacro segno dei Mostri”, un pezzo della sua vita al Teatro India di Roma

Dal 28 gennaio al 15 febbraio 2012 al Teatro Due di Roma

 Testo di Elena Mandolini

Un pugno nello stomaco. Disperazione. Grigiore. Come il grigio della spoglia scenografia. Pannelli, segmenti, come le vite raccontate. Un frammento di mille anime ingenue, senza inibizioni né pudore. Un ballo disperato e sfrenato, urla e grida. Ma tutto ciò che cercano è solo amore, attenzione. Non essere dimenticati. Come quel pugno nello stomaco, Danio Manfredini racconta quella che è stata la sua esperienza in un ospedale per disabili mentali, poco prima dell’entrata in vigore della legge Basaglia, legge che prevedeva la chiusura di tali strutture. L’occhio del regista è sempre presente in scena in maniera duplice: come trasposizione del giovane sé con una maschera e che mai proferisce parola, e come l’odierno Manfredini attore ed interprete di alcuni personaggi.

La luce scandisce lo scorrere del tempo, il giorno intensa dall’alto, la notte soffusa dai pannelli aperti della scenografia. Solo sette attori per più di sette personaggi. Tutti bravi. In primis il ragazzo del ballo sfrenato, protagonista di uno dei momenti più toccanti dello spettacolo: le sue grida di disperazione con “Impressioni di settembre” suonato di sottofondo.

Un atto unico, con due brevi intermezzi costituiti da balli con la musica degli U2.

Dialoghi scarni ma efficaci. Nessuno dei personaggi è uguale a se stesso. Tutti hanno una loro personalità ed autonomia. Ma tutti ricercano affetto e comprensione. La donna che aspetta i parenti che non verranno; l’altra che prega Dio di lasciarla morire perché quella non è vita, non è più suo il volto che osserva allo specchio. Vero come la donna che canta per un amore finito e vien portata via dai carabinieri. Vero come chi, nella consapevolezza di essere un folle, definendosi dice: è solo che dò un po’ nell’occhio. Una visione sincera della sua esperienza, dura e violenta come i due nudi integrali, ma che racconta l’anima di chi veniva, come in fondo ancora oggi, emarginato e lasciato a se stesso. “Noi siamo considerati fuori dalla comunità” dice la coscienza di tutto il gruppo, ossia la donna sulla carrozzella interpretata da Manfredini stesso. Ma in fondo, continua in un altro momento, “siamo quelli che più si avvicinano al sublime”.

Forse a conclusione si può citare l’attrice che continua a commuoversi anche durante gli applausi: recitare in questo spettacolo non è facile, né cosa per tutti gli attori.

Manfredini, tramite la coscienza dice al se stesso del passato: “Ma a cosa serve fare teatro? A niente”! Magari il regista, voleva fare di più, ma l’unica carta che aveva e ha in mano è il racconto che può portare in scena, come regalo a chi aveva conosciuto anni addietro.

“Il sacro segno dei Mostri”

Drammaturgia e regia Danio Manfredini

Interpreti: Simona Colombo, Cristian Conti, Afra Crudo/Patrizia Aroldi, Vincenzo Del Prete, Danio Manfredini, Giuseppe Semeraro, Carolina Talon Sampieri

Luci: Maurizio Viani

Dove: Teatro Due di Roma – Vicolo dei Due Macelli n.37

Quando: Dal 28 gennaio al 15 febbraio 2012 al Teatro Due di Roma