Roma. Un piccolo teatro per un autore in crescita

Dal 21 aprile al 14 maggio 2012

 

Testo di Elena Mandolini

Un piccolo teatro. Solo trenta posti. Un contatto forte tra pubblico e attore; l’unico presente in scena che ha il compito di sorreggere sessanta minuti di monologo, riuscendoci fra l’altro perfettamente. Alfonso è un napoletano che, trolley al seguito, è costretto a scendere dal treno a causa di un gruppo in protesta che ha occupato i binari. Decide così di raccontarci una storia: vita morte e miracoli di due fratelli vissuti nel 1799.

Lucio e Salvatore non potrebbero essere più diversi: il primo biondo, studioso e giacobino, il secondo moro, lavoratore e lazzarone. Queste vite si intrecceranno con la venuta del generale francese Championnet a Napoli e con la disfatta dei giacobini; eventi che porteranno alla morte di Lucio. Salvatore, ormai cambiato nell’anima, sarà costretto dai suoi ex amici d’avventura, a mangiarne il fegato per vendetta: lui non è più uno di loro.

Alfonso Sessa, grazie alle sue dote attoriali, interpreta più di un personaggio passando con naturalezza da uno all’altro senza difficoltà; il tutto recitato in un dialetto napoletano non molto stretto, che possa consentire a chiunque di seguirne la storia in toto. Non vi è una vera e propria scenografia; gli unici oggetti presenti in scena sono una sedia pieghevole e il trolley. Il solo supporto di cui Sessa ha bisogno sono le luci, con cui il regista Duccio Camerini gioca per creare contrasti con le espressioni dell’attore stesso. Sessa gioca col pubblico, cercando di coinvolgerlo esplicitamente in diversi momenti.

Una sorta di “Mio fratello è figlio unico” più drammatico e meno comico, dove anche qui due fratelli abbracciano idee politiche antitetiche. Troppo diversi per dirsi il bene che li lega in vita, solo nei momenti tragici riescono, anche solo con uno sguardo scambiato tra la folla, a raccontarsi quell’amore. La similitudine col film di Daniele Luchetti, continua nell’epilogo: dopo la morte di Lucio, il fratello subisce una metamorfosi caratteriale così forte da diventare un uomo nuovo, meno rude e più mentale. Un finale tragico che sfocia in un momento catartico: Salvatore prende della farina dal trolley e, raccontandoci una metafora della resurrezione, egli diventerà grano poi farina e poi pane per congiungersi col fratello.

Alfonso Sessa, anche scrittore della pièce, crea un piccolo pezzo di drammaturgia dignitoso; un testo in cui ci si commuove e si ride. Un autore da osservare e coltivare.

 

Vita, morte e miracoli nel 1799

Dove: Roma – Teatro dell’Orologio. Sala Artaud

Quando: dal 21 aprile al 14 maggio 2012

Di e con Alfonso Sessa

Regia di Duccio Camerini