Testo di Mariella Morosi

Tonda, lucida, di colore bianco porcellanato, elastica e dal sapore inconfondibile. La mozzarella di bufala è chiamata l’oro bianco del Meridione, la perla della tavola, la regina della dieta mediterranea. Il suo gusto è unico, ruba il podio a qualsiasi altra mozzarella di mucca, anche se di eccelsa qualità. La produzione di mozzarella di bufala Dop, quella certificata e derivata unicamente dal latte di bufala, è strettamente legata soltanto alla Campania, al Basso Lazio e ad una zona ristretta della Puglia e del Molise. In questi territori il sole e i pascoli costituiscono le condizioni ideali per l’allevamento di questo massiccio quadrupede dal manto nero, arrivato in Italia nella notte dei tempi da terre lontane, forse dall’India, in seguito alle migrazione dei popoli. Comunque sia arrivata, ora si chiama Bufala Mediterranea Italiana e rappresenta con orgoglio una delle nostre identità. Una bufala pesa in media 5 quintali, ama l’acqua e la vita all’aria aperta, è forte e longeva e non teme il caldo. Ha una gestazione di 10 mesi e produce latte per 270 giorni.

 

Per razionalizzare la produzione e avere latte tutto l’anno gli allevamenti hanno dovuto programmare i parti, ma questa è l’unica forzatura nella vita di questi animali dalla complessa personalità, nutriti con buoni foraggi, coccolati, spazzolati e dotati di “piscine” fangose in cui crogiolarsi. Sono intelligenti, pazienti, hanno un legame stretto con l’allevatore. Quando vengono chiamate -tutte hanno un nome- si staccano dal branco e vanno docilmente per farsi mungere. Il primo documento scritto sull’uso del termine “mozzarella” risale al 1570, in un testo di Bartolomeo Scappi, il cuoco della corte papale. Ma c’è chi sostiene che già nell’XI secolo i monaci dell’Abbazia di San Lorenzo ad Septimum, presso Aversa, offrivano ai pellegrini un pezzo di pane con la “mozza”. Il nome mozzarella deriva infatti dalla mozzatura, cioè dal gesto che fa il casaro per separare dalla massa ottenuta dalla cagliata i singoli pezzi che diventeranno ovoline, bocconcini, trecce e treccioni e la classica “aversana”, la pezzatura più grande. Tutto avviene ancora oggi con i saperi e le tecniche antiche.

 

 

Fare questo tipo di formaggio richiede grande sensibilità ed esperienza. E’ un gioco di destrezza vedere la filatura della cagliata e le mozzarelle prendere magicamente forma dalle mani dei casari, curvi sui fumi bollenti delle caldaie. Sulla superficie della mozzarella artigianale rimangono delle piccole increspature che stanno a segnalare il punto del distacco dalla massa. Appena fatta, ancora calda, la mozzarella è consistente ed elastica, ma con il passare delle ore diventa più fondente. Fresca o matura, ce n’è per tutti i gusti. Piace da sola o con un filo d’olio, fusa sulla pizza, fritta “in carrozza” tra pane e un filetto di acciuga, oppure elaborata in mille altre combinazioni. E’ stata l’eccellenza gastronomica più usata in tutte le celebrazioni, per i 150 anni dell’unità d’Italia, col rosso del pomodoro e il verde del basilico .per celebrare golosamente il nostro glorioso tricolore. Persino Roberto Saviano, per un attimo ha abbandonato i suoi temi impegnativi per scrivere, nel libro “Vieni via con me” che la mozzarella di bufala “è al primo posto tra i dieci motivi per cui vale la pena di vivere”.

 

 

E se non basta, il suo valore nutritivo è un concentrato dei benefici del latte. Quello bufalino è molto più ricco di quello di mucca: da un solo quintale si ricavano 24 kg di mozzarella, (da quello vaccino soltanto 14),  6 kg di burro e 4 kg di ricotta. L’allevamento specialmente negli ultimi anni si è esteso in altre regioni italiane, come la Puglia, il Piemonte e la Lombardia perché questo latte non è soggetto al regime delle quote, cioè non viene limitata la produzione secondo le normative agricole comunitarie. Il prodotto derivato tuttavia non è Dop, e non può neppure fregiarsi della dicitura ”di bufala”, riservata ai territori rigidamente indicati dal disciplinare (Decreto ministeriale 21/7/98). Molto gradita dai consumatori è la versione affumicata, esposta per qualche minuto al fumo della paglia di grano bagnata. Apprezzatissima anche la ricotta che da cibo povero, sottoprodotto della lavorazione dei formaggi, è diventata una specialtà gourmet, nutriente, versatile e digeribilissima. Anch’essa, tecnicamente un latticino, non un formaggio, può essere affumicata o stagionata, in varie forme e pezzature.

 

La città di Paestum e i suoi magnifici templi sono il crocevia delle Strade della Mozzarella di bufala campana Dop. Per iniziativa del Consorzio e del comune di Capaccio, tutti gli anni a maggio viene organizzato un grande evento. Nello scenario dell’area archeologica della città e del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, si sono esibiti in gustosi show cooking i migliori chef d’Italia, come Gennaro Esposito, Davide Scabin, Mauro Uliassi, Chicco Cerea, Ilario Vinciguerra, Igles Corelli, Francesco Sposito, Christian e Manuel Costardi, Paolo Barrale e tanti altri. Oltre alle degustazioni del prodotto interpretato da questi grandi della cucina, sono stati scelti gli abbinamenti migliori con i vini della Campania. Non sono mancati laboratori, momenti di approfondimento e convegni con il mondo della comunicazione, con gli addetti ai lavori e con i nutrizionisti. “Con questo evento – ha detto il presidente del Consorzio di tutela Domenico Raimondo – la mozzarella Dop gioca in casa. Stavolta non è il Consorzio a portare in giro per il Paese  e per il mondo il nostro prodotto, ma è l’Italia dei tanti estimatori e dei tanti professionisti dell’enogastronomia che si riunisce in Campania per celebrare la mozzarella Dop. L’autorevolezza degli ospiti e la qualità degli appuntamenti sono il segnale concreto dell’appeal sempre più forte che registra questo prodotto a livello internazionale.

 

Questa è la strada che il Consorzio intende seguire, legando sempre più il consumo di mozzarella di bufala Dop all’alta ristorazione, ai piatti dei grandi chef, e nel contempo aprendosi al contributo dei foodblogger, che stanno avendo un ruolo fondamentale nel far conoscere e distinguere la mozzarella Dop da tutte le altre in commercio”. Un elemento di eccellenza che caratterizza questo squisito prodotto è dato dal forte legame con il territorio in cui è prodotta: l’area Dop comprende complessivamente ben 3 parchi nazionali (Circeo, Cilento e Valle di Diano, Gargano) e 10 parchi regionali. Mozzarella significa anche solidarietà e legalità. A Castelvolturno, nel caseificio Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra, si fa un ottimo prodotto con gli allevamenti impiantati sui territori confiscati alla camorra.