CLOTILDE PATERNOSTRO
disegni dello scultore VENANZO CROCETTI

Caino vestito di pelli, con la clava in mano, si aggirava furtivo intorno al masso coperto di sterpi.

Cosa fa Caino? Guardingo, prudente, cauto sino all?eccesso, va cercando Abele.

Ma Abele dov?è? Possibile che sia sempre all?ara facendo offerte al dio di padre Adamo e madre Eva? E quando la smette insomma?

Velenoso Caino, scruta l?orizzonte sino alle più lontane terre. Non è tollerabile tanto servilismo!

Stupido di Abele! e pretende pure di essere amato da padre Adamo, madre Eva, fratello Caino e…dallo stesso Dio!

Infinita la stupidità di questo fratello minore che si traveste da pio per accaparrarsi amore e da tutti.

” Chi ama me?” domandava Caino a se stesso. ” Perché tutto l?amore a lui e a me neppure una carezza o un elogio? Un po? di compassione per il mio povero cuore ferito da tanta incuria?”

Sempre la stupidità è premiata” diceva” ed io che sono forte, gagliardo vincitore in tutte le battaglie con orsi, tigri, lupi, non rimedio neanche un? oncia di gratitudine da chi difendo e proteggo!”

Caino si lamentava a gran voce, e il Signore lo ascoltava ma la testa scuoteva

? Caino? così parlò il Signore al di sopra delle nubi ? troppo gusto nel combattere, troppa ferocia nel tuo vincere, troppo odio per le povere bestie tue nemiche! Cacciare per sfamarti va bene, ma non per gusto. E le tue offerte che sono poi? Rami secchi, foglie strappate, frutti caduti… Abele mi fa offerte primaverili, le primizie mi offre. Questo è amore! “

Così parlava Dio e Caino sempre più si rabbuiava.

” Abele, sempre Abele, ma che ha quello più di me? Io sono il maggiore, il più forte, sono un guerriero e lui, quell?imbelle, con lo sguardo miope, ” dolce” dice sua madre Eva, quell?eterno sorriso sulle labbra rosee… Ma è un uomo quello? non ha nemmeno peli sulle braccia e sul petto. Di che s?è innamorato Dio? Ha pure due spallucce… ma sono muscoli quelli del suo torace?”



Io sono tutto villoso, sono un eroe; sfamo tutta le famiglia con la mia caccia. e nessuno mi tiene in considerazione; è giustizia questa? Abele ti odio, ti odio; finirò per ammazzarti un giorno!”

Quel giorno però lo incrociò Adamo con le capre al pascolo

Che fai Caino con quel bastone in mano? Perché non sei a pascolare le pecore? E il grano, l?hai raccolto?”

” Io vado a caccia, padre, ognuno ha il suo ruolo. Io quello del cacciatore e del guerriero, Abele quello del servo. Pulisca le stalle, colga il grano, conduca le mucche al pascolo, queste sono le sue mansioni. Io sono il condottiero e null?altro mi preme!”

Adamo scuote la testa già canuta

” Tu sei superbo Caino. Abele è un buon figliolo, non ti dovresti approfittare così di lui. E? il più piccolo e se lo difendi fai il tuo dovere e dovresti dividere con lui la sua fatica, che pure è grande. Non è cosa da poco portare avanti una fattoria come la nostra! Io non posso più aiutarlo, io sono vecchio oramai ed anche vostra madre invecchia. Abbiamo la stessa età, lo sai. E tanto si lamenta. Eva per la casa. Voi siete due maschi, nemmeno una figlia femmina per aiutare Eva! Il Signore ha voluto così e sospirando si allontana Adamo con le sue capre.

Caino turbato un poco dalle parole del padre, riprende a scrutare l?orizzonte; non per scorgere bestie da cacciare ma per vedere cosa stia facendo .Abele l?imbelle ( lui diceva).

E lo trovò l?inerme fratello. Abele che, esperto di botanica, raccoglieva, fiori ed erbe.

” Giochi con i fiori eh! E il grano? quando lo raccogli? E? compito tuo lo sai. Ti vorrei vedere a combattere col lupo dalle zanne insanguinate!”. Abele lo guardò e non rispose. Continuò a cogliere erbe per la tisana della sera. ” Perché non mi aiuti?” disse Abele a Caino.

E che bisogno hai che ti aiuti? Non è un lavoro il tuo, è un giuoco. Quando eravamo bambini giocavamo con le palle fatte di fieno, ora tu giocherai con le spighe di grano da raccogliere, come tuo compito. Io vado a caccia, il mio ruolo è questo e tu sei il servo” e sdegnoso se ne andò.

E la vita andava avanti così. Tra i lamenti di mamma Eva, affaticata e non poco, i brontolii di padre Adamo sempre più curvo e attaccato al suo bastone, il muso ingrugnito di Caino, il sorriso ebete ( diceva Caino) di Abele lo scemo. ” Non saprebbe nemmeno difendersi, se un giorno qualcuno gli desse il fatto suo”, questo il pensiero sprezzante di Caino il Grande, il Signore della Caccia. E glielo buttò in faccia un giorno ad Abele il suo pensiero, me Abele lo guardò e non rispose. Andò nel bosco a raccogliere fragole e mirtilli da offrire al Signore sull?ara in cima al monte. Più taceva Abele e più fasullo lo riteneva Caino, il che dimostra che sovente la forza fisica si accoppia, ahimè, ad un cervello minimo.

Caino poi, dal fascino crudele, aveva fatto innamorare di sé una giovenca; non ancora ninfa. La giovenca bianca e soda lo seguiva tranquilla ad ogni passo, per sentieri e per colline lo seguiva e alla fine Caino pensò. ” Ma che ci faccio con questa giovenca attaccata ai piedi? Si è innamorata di me? E allora eccomi, giovenca mia, girati un po? e sarai mia”. Abele no, di queste cose nulla sapeva, e uomo?fanciullo seguiva il corso del ruscello; aveva inventato l?amo per la pesca e festoso e sorridente portava a casa trote e salmoni che mamma Eva tento gradiva più della carne cruda.



“Ma tutte lui le va a studiare ? pensava Caino – non finirà mai di stupirmi questo ragazzo che tanto scemo poi non mi pare”. Un tale pensiero a Caino! Che gli si stesse sviluppando il cervello al maggiore dei fratelli? forse un presagio? forse un lume scattato dall?inconscio? e cominciò a insospettirsi Caino guardando Abele nelle sue bravate quotidiane. “Insomma ? disse una notte Caino seduto su una pietra, facendo i conti con se stesso ? Abele mi ingombra e fa ombra al mio potere. Quando mamma e papà saranno morti ne farò il mio schiavo”.

Finché un giorno accadde l?inevitabile caso che tutto sconvolge. Eva era in giardino a cogliere frutta fresca per la cena. Sentì un fruscìo tra le foglie e una viscida carezza sulla spalla. Si girò di scatto ” Ancora. tu?? strillò all?indirizzo del serpente, ” non ti è bastato gettarci nella miseria e nel dolore, nella fatica e nella morte… che cosa vuoi ancora? vattene, vattene mostro! Ma non lo sai che tutte le genti future mi chiameranno puttana per averti dato ascolto? E che sarò oramai per l?eternità, la tentatrice dell?uomo? E che sarò l?alibi per ogni sua nefandezza? E tutto per colpa tua, maledetto. E che per sempre sarò succube del maschio dipendente dal suo letto e dal suo volere? e tutto per colpa tua. Vattene maledetto, vattene e che tu sia in eterno maledetto”.

A tali strilli accorsero tutti, Adamo, Caino e Abele, sbalorditi per il gran furore di mamma Eva.

Venuti a conoscenza del fatto, decisero all?unanimità di porre, una volta, per tutte, fine a questo dissidio tra la donna e il serpente che, altrimenti, sarebbe durato in eterno.

Si armarono di fiaccole e bastoni e tutti e tre si misero in cammino. Ma “tu va a casa. Tieni compagnia alla mamma e falle un infuso con le erbe per calmarla”, ordinò Caino rivolto ad Abele. Ma Abele, come suo solito non rispose. Andò per la sua strada armato di bastone ed una grossa pietra nell?altra mano. Doveva salvare sua madre. La sua mamma adorata doveva salvarla lui.

Da dove gli veniva quel verbo tutto all?imperativo, a lui che tralasciava le risposte a Caino mandando il tutto in un? alzata di spalle? Ma si sa; la mamma è la mamma.

Abituato a guardare al buio tra i flutti del torrente e tra le pietre, scrutava Abele in ogni anfratto e stava con le orecchie tese per avvertire il fruscio tra le foglie del serpente maledetto. Quasi tutta la notte durò la caccia dei tre uomini ma la fortuna ( o la sfortuna) arrise proprio ed Abele. “Eccolo” gridò ” eccolo il maledetto” e velocissimo si scagliò contro il serpente bastonandolo a più non posso, poi gli gettò la pietra sulla testa, con il piede schiacciò la bocca biforcuta, ridusse in poltiglia la lunga coda e scaricò così tutta la rabbia che di colpo gli s?era formata in corpo. Tornò a casa esausto Abele e si distese a terra. Eva gli corse accanto ” sei ferito bimbo mio?” ” Non sono più bimbo” rispose Abele con voce roca e il respiro affannoso, ” ora sono un uomo anch?io, ho ucciso il tuo nemico, il tuo serpente” e con la mano mostrò l?informe sagoma oramai ridotta a pezzi.

Eva uscì gridando, ” l?ha ucciso, l?ha ucciso. Caino, Adamo, venite a casa , la caccia è finita”.

Il suo grido felice raggiunse le orecchie di Caino. ” Chi ha ucciso il serpente?” si domandò Caino. Chi gli aveva, portato via il trofeo della sua sicura vittoria? e si precipitò Caino verso la casa per sapere chi gli avesse sottratto la sua gloria.

Eva vedendolo arrivare gli corse incontro felice: ” E? stato Abele che l?ha ucciso, è stato il mio Abele, il mio bimbo tenero”. A quelle parole la collera accecò Caino. Si scagliò con violenza sul corpo di Abele ancora disteso in terra. Cominciò a colpirlo con un furore che più nulla aveva d?umano.

Abele, pieno di sorpresa, incassò la gragnuola dei colpi senza capire da dove gli venissero. Riuscì infine ad alzarsi e guardò il suo nemico.

“Caino, tu!” e con impeto e ugual ferocia, si avventò sul fratello in una lotta impari ma, da subito, decisa all?ultimo sangue. Adamo, accorso anche lui, non riuscì a dividerli. Una lotta fratricida, la prima della storia e che avrebbe segnato i costumi degli uomini in guerra e, ahimè, anche in pace.

Invidia, rancore, sorda violenza rendevano i colpi di Caino sempre più duri. Abele si difendeva come poteva ma non era cosa facile, in verità. Però, labbra spaccate, sanguinolento, spalla e braccio rotti, livido il ventre per le tante botte, riuscì ancora una volta ad alzarsi e col bastone sferrò un unico attacco sul capo di Caino, poi stramazzò al suolo agonizzante.

Eva era fuggita dal gran terrore. Adamo era inerte oramai perché impietrito da quel duello insano. Abele alfine cessò di respirare.

Caino uscì dalla casa correndo per la valle urlando come un demonio impazzito. Correva correva reggendosi la testa con le due mani per il gran colpo che il dolce Abele gli aveva sferrato sul capo. ” Ed era mite!” urlava Caino, e correva correva reggendosi la testa con le mani. Correndo correndo fu avvolto dalla nebbia e in essa scomparve per mai più apparire. E questa è l?ultima immagine di Caino che la storia, distorta dalla fantasia popolare, registrò come veritiera e nei secoli dei secoli fu tramandata. ai posteri la leggenda del primo delitto fra uomini che, per necessità di cose ( c?erano solo loro), erano fratelli!