MASSIMO BERTI

… La sera del 13 aprile 1967 il genio della risata di tutti i tempi fa una confessione all’autista che lo sta accompagnando a casa, Carlo Cafiero: “Cafié, non ti nascondo che stasera mi sento una vera schifezza”. Il sorriso di Franca restituisce a Totò un po’ di serenità, ma forti dolori allo stomaco lo costringono a chiamare il medico, che giunto tempestivamente gli somministra dei medicinali. Il principe De Curtis trascorre l’intero pomeriggio del 14 aprile in casa, a parlare con Franca del futuro, dell’estate che sopraggiungeva e del suo desiderio di godersi le vacanze a Napoli, sopra Posillipo… ma dopo la magra cena, ecco i primi sintomi del destino: “Ho un formicolio al braccio sinistro” mormora Totò, gravemente pallido.
Franca capisce subito: è il cuore.
La figlia Liliana viene avvertita insieme al medico curante, al cardiologo professor Guidotti, al cugino-segretario Eduardo Clemente. Gli vengono somministrati dei cardiotonici, ma le condizioni non migliorano.
Alle due di notte Totò si sveglia e rivolgendosi al cardiologo sentenzia: “Professò, vi prego lasciatemi morire, fatelo per la stima che vi porto. Il dolore mi dilania, professò. Meglio la morte”
Poi si rivolge al cugino: “Eduà, Eduà mi raccomando quella promessa: portami a Napoli”.
Le ultime parole sono per Franca, la sua Franca: “T’aggio voluto bene, Franca… proprio assai”. Sono le tre e venticinque del 15 aprile 1967. Alle 11.20 del 17 aprile, la salma viene portata nella chiesa di Sant’Eligio e dopo una semplice benedizione, inizia l’ultimo suo viaggio a Napoli.
Giunge nella citta natia alle 16,30 e già vicino al casello dell’autostrada del Sole una processione degna di un Papa sta per accogliere Totò.
Nella Basilica del Carmine Maggiore lo attendono circa tremila persone, mentre altre centomila sostano nell’immensa piazza antistante.
Un lungo applauso saluta per l’ultima volta Totò, poi il suono delle campane.
Si dice che alcune persone vengono colte da malore per lo spavento provato nel vedere… Totò vivo, ma l’uomo che tanto assomiglia al Principe non è altro che Dino Valdi, per molti anni controfigura di Totò.
L’orazione funebre viene pronunciata da Nino Taranto, quindi la salma viene portata nella cappella di famiglia dei De Curtis, dove Totò e’ sepolto accanto al padre Giuseppe, alla madre Anna, e a Liliana Castagnola.
Queste la magnifiche parole pronunciate da Nino Taranto verso il suo compianto amico e collega scomparso:

“Amico mio questo non e’ un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi. La tua voce e’ nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli che e’ venuta a salutarti, a dirti grazie perché l’hai onorata. Perché non l’hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l’avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l’allegria di un’ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico e’ qui. Ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l’ultimo “esaurito” della sua carriera e tu, tu maestro del buonumore, questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio. Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò”.

Qualche giorno dopo, come racconta la figlia Liliana, un capoguappo del rione sanità, “Naso’ ‘e cane” chiede ed ottiene la presenza di Liliana per una sorta di funerale-bis da farsi il 22 maggio nella chiesa di S.Vincenzo al rione sanità, dove Totò era nato: sebbene la bara sia vuota la stessa folla piangente e acclamante di qualche giorno prima presiede la cerimonia.

Eccoci: giunti dove non avrei mai voluto arrivare.
Totò, un’icona comica, tenera e forte allo stesso tempo, che ha contraddistinto l’Italia per decenni interi e che solo da pochi anni viene rivalutato per ciò che veramente è stato, un genio di assoluta bravura e spontaneità professionale e umana, ci lascia.
Tanto criticato, ben calpestato nel suo tentativo di far sorridere in modo costante il popolo, fin troppo preso dalle brutture del dopoguerra, Totò ha segnato per sempre i cuori dei nostri genitori, dei nostri nonni, forse anche di noi stessi.
Il principe chiude il sipario per sempre, ma di lui certo non rimangono soltanto bei ricordi.
Centinaia di pellicole riproposte quasi ogni settimana, documentari sulla sua vita, programmi televisivi, poesie e canzoni alleviano la sua perdita, che per quanto naturale e inevitabile, lascia sempre un senso di nostalgia verso un uomo la cui arte non è praticamente più scovabile in nessun artista oggi.
Forse per questi motivi egli risulta oggi ancora più grande che in passato: la mancanza di talenti siffatti, pur con ottimi esempi moderni, rendono giusto omaggio al migliore comico che l’Italia abbia allevato.

Lascio concludere la storia di Totò al Principe stesso, che con modestia e classe non comuni fa il punto della sua vita in un’intervista concessa non molto tempo prima di morire:

“Sono ormai all’età in cui si tirano le somme, e non ho fatto nulla. Sarei potuto diventare un grande attore, e invece su cento e più film che ho girato, ve ne sono di degni non più di cinque. Ma anche se fossi diventato un grande attore, cosa sarebbe cambiato? Noi attori siamo solo venditori di chiacchiere. Un falegname vale certo più di noi: almeno il tavolino che fabbrica resta nel tempo, dopo di lui”