CLOTILDE PATERNOSTRO

Il legno, il legno caldo; la terra madre della vita; la natura e il bosco, questi i segni vitali di Augusto Murer, lo scultore del legno, che nel legno ha trovato l’elemento primo della natura la cui materia è vita per l’uomo, per il fuoco, il calore, la casa. Il legno è il materiale privilegiato da Murer, ” questo artigiano della montagna” che ne fa preziosa materia per le sue sculture eccellenti. Cantore della tradizione popolare, della gente di montagna, sa e presenta valori eterni: la maternità, il dolore, il sacrificio. La guerra poi tanto ha dato a Murer di ispirazione, con i suoi eroi contadini, montanari ( L’alpino nella steppa – 1966).
Spoleto ospita una grande rassegna dedicata all’opera di Augusto Murer ( Falcade 1922—Padova 1985), mostra a cura di Rina Dal Canton, dal 24 luglio al 12 settembre 2004 ( catalogo Associazione Erma editore) in un doppio percorso: il primo in un’ esposizione all’aperto in via Delle Murelle tra sculture in bronzo di grandi dimensioni; il secondo nelle sale del Complesso Monumentale di San Nicolò che presenta sculture in legno, disegni, la cartella di incisioni illustranti il libro di Mario Rigoni Stern ” Ghe rivarem a baita?”, la serie delle formelle del ciclo i. “Grandi silenzi” e i bozzetti per i monumenti alla Resistenza.
Murer: il “legnaiuolo dei boschi, figlio della montagna, fratello della roccia e del legno” di se stesso dice :” Sono nato tra le foreste, in cui radici, tronchi e pietre si confondono in un groviglio che corrisponde quasi all’alba della creazione. Il legno quindi è stato il materiale che ha felicemente condizionato la mia scultura; nei tronchi ho sempre veduto agitarsi tutte le altre forme di vita, già con i loro nodi nervosi, le loro vene ricche di linfe e di sangue, le loro mani protese verso l’alto in un anelito di libertà”. La sua anima, la sua poetica, la sua tesi è tutta in queste parole semplici e chiare; il tronco già suggerisce la forma da estrarre quasi fosse già pronta, già disegnata; sbozzato il legno, la scultura prende corpo, forma, anima. parlando ancora della sua scultura e della sue ispirazione l’artista sottolinea:”…ho scolpito il legno per anni ed è stata la mia fortunaC’è un blocco di un metro cubo e io devo fare una scultura? No devo vedere l’albero, devo sentire ancora il legno vivo. Le mie sculture me le suggeriscono i boschi”. Il legno sbozzato dunque e che altrove appare invece levigato, come nella intensa scultura Donna al sole (1982 – tutto tondo, olmo); un blocco unico dalla rotondità. insistita della massa del corpo della donna seduta per terra, e il capo segue la curva del torso delineandosi netto; l’espressione del volto è intensa in quello sguardo fisso e nelle labbra socchiuse. Un bel lavoro. Aggraziato e longilineo è il dolce Adolescente (1960 – tutto tondo, frassino) perfetto nelle forme, tutto giuoco di luce e ombre per quella positura ( del busto e del volto) posti di tre quarti, appena girati; la spalla destra sarà più in basso infatti della sinistra, identica invece la lunghezza delle braccia e delle gambe affusolate. E veniamo ai bronzi, i bronzi di grandi dimensioni. Un “viale”, via Delle Murelle, di grande suggestione. Bronzi quali derivazioni mentali forse delle opere in legno, che tuttavia evidenziano caratteri. distinti nella lavorazione del bronzo; più che la forma o il soggetto, qui e la materia grezza a fornire diversa espressività ad ogni scultura. E’ la dolcezza del Fauno seduto (1982), l’armoniosa leggerezza del suo suonare il flauto ( il bronzo qui è pelle rugosa); la possanza del Pastore (1981) e questo bronzo sempre terroso, scavato, dolente, si sente la lezione dell’amico – maestro Arturo Martini. I Naufraghi (1983), qui è amalgama di corpi contorti, attorcigliati, alcuni giacenti rassegnati altri con le braccia tese, supplici, chiedendo aiuto al barcaiolo imponente.In forma perfetta in un tutto tondo levigato è di Donna accovacciata (1980) e della Maternità dolcissima (1984) dal blocco unico contenente le due figure della madre e del bambino allacciato al collo della madre. Bronzo tormentato è nel Fucilato (1967 – bozzetto del monumento) come ne la Profuga (1967 bozzetto al monumento “Alla Vittoria” di Vittorio Veneto: ancora bronzo scarnito, scarnificato, e I’espressione stravolta della donna che fugge col bambino retto da una sola mano: una figura nel vento, nella fuga, nella corsa; l’inquietante e violento movimento della veste, dell’ affanno, della fuga. E sempre lo stesso motivo del bronzo lacerato ne l’a Partigiana (1964), la donna morta e distesa sul selciato. Poi altri monumenti: ai “Caduti di Cefalonia” (1983) , Alle vittime del mare (Monte di Procida 1982). E finalmente “I Grandi Silenzi” (1982), le dieci formelle in bronzo lucido a carattere religioso: il silenzio dell’animo che riflette, che medita nel silenzio per incontrare la voce di Dio. Spledide lastre dove a basso rilievo è il Crocifisso, altrove il Golgota con le tre croci, in altre, il Cristo flagellato o il Cristo sotto la croce nel dolentissimo cammino. Molto bella la formula con i diversi gruppi: in questo ampio spazio vuoto ( il grande silenzio improvviso in alto a destra le tre croci, in basso tre gruppi, Cristo sotto la croce, il superbo cavallo, e i soldati. Infine la formella più significativa : il Cristo sulla lunghissima croce in uno spazio ampio simboleggiante, già dicevamo, il grande silenzio. Un ciclo a sé i “Grandi Silenzi”, preghiera viva, esaltazione della figura del Cristo e del suo martirio. E’ dal martirio del Cristo a quello dell’uomo: i monumenti ai caduti di ogni violenza.
Murer o l’amore per la natura. “Amori e miti”; cantico per la vita e le leggende che dalla vita sorgono; leggende (miti), ideali, ché sempre contengono ideali, i miti. Un cantore senza retorica Murer, ma dal linguaggio aspro, crudo, schietto e sempre è la stessa cifra dolente ad apparire ma non senza speranza. L’ideale e il mito portano con sé il bene più prezioso: la speranza, che consente il coraggio, la forza. “Amori e miti” dunque; realtà o sogni; quel tutt’uno indecifrabile che sempre è la vita.