LUISA CHIUMENTI



Foto  di  Stefano Rossini

 

Siamo a  S.Stefano di Sessanio ( 1250 m. di altitudine ), un piccolo borgo in Abruzzo, in provincia de L?Aquila, che  viene incontro al viaggiatore stagliandosi gradualmente nell?ampio arco di cielo azzurro, in cui si identifica  da lontano la sua torre.

E? la torre  che innalzarono i  Medici, quando, giunti in Abruzzo,  intravidero in quel territorio la possibilità di intraprendere preziosi flussi commerciali;  questi erano rivolti particolarmente alla lana che, nel ?500 , si produceva in grandissima quantità, con le  numerosissime pecore, che allora percorrevano i tratturi, fra Santo Stefano e Castel Del Monte, da dove partivano le strade della transumanza verso il Tavoliere delle Puglie .

All?interno del Parco nazionale del Gran Sasso, il comune di Sexstantio, conserva ancora le suggestive caratteristiche architettoniche sia del Trecento che del Quattrocento.

Arroccato su un ripido pendio, a sud est del monte Bolza, con uno splendido panorama sulla valle del Tirino e del Pescara, esso appare in effetti  dominato in parte dalla torre cilindrica merlata (sec.XIV-XV) e, nella sua planimetria, presenta una sua originale struttura ?a fuso?, con le stradine strette e tortuose, che salgono a spirale, secondo un tessuto urbano tipicamente medievale e le  scalinate ripide su cui  si affacciano case di pietra a volte anche modeste,  annerite dal tempo, o tipiche case a torre, ma anche    palazzetti rinascimentali, ornati spesso da elementi architettonici di pregio.


Storicamente, nel periodo feudale, Santo Stefano faceva  parte del dominio politico territoriale della Baronia di Carapelle, appartenuto tra l?altro ad alcune illustri famiglie toscane: i Piccolomini prima ed i Medici poi.

Nel XVI secolo il paese di Santo Stefano di Sessanio era appartenuto alla Baronia di Carapelle e, nell?anno 1415, dato in feudo ad Antonio Tedeschini Piccolomini conte di Celano, rimase alla famiglia per oltre 150 anni fino al 1579, quando venne ceduto alla famiglia Medici.

Sotto i Medici il paese ebbe il periodo più fiorente della sua storia. Si deve a questo periodo la costruzione del perimetro difensivo fatto di case-mura e delle principali porte di accesso al paese. A tutt"oggi la porta di accesso alla piazza medicea reca lo stemma della Signoria di Firenze.






Dopo due secoli di proprietà dei Medici, il paese entra a far parte del Regno delle Due Sicilie diventando patrimonio privato del Re di Napoli. Nel 1810, dopo l?Unità d?Italia, diventa comune. La fine della transumanza, nella metà del secolo scorso, segna la fine della prosperità di Santo Stefano di Sessanio e di tutti i paesi della zona basati sulla pastorizia. Ha così inizio una fase di profonda crisi socio-economica che porta velocemente la popolazione ad emigrare verso paesi esteri. Degli oltre 1500 abitanti di Santo Stefano all?inizio del secolo, moltissimi sono emigrati verso Francia, Germania, Belgio, Stati Uniti e Canada, paesi che promettevano le maggiori possibilità di lavoro.

Seconda guerra mondiale, il paese è stato usato dalle truppe tedesche come punto di osservazione privilegiato, installando nella "Casa del Capitano" il proprio quartier generale. Mentre il commercio della lana da tempo si è andato esaurendo completamente, molte invece sono ancora  le ricchezze date dall?agricoltura, in tutto il territorio circostante, a cominciare dalle lenticchie molto piccole (a quanto sembra   le sole che possono vivere ad una altitudine così elevata), delle quali  si festeggia una grande ?Sagra? ( in settembre) e che hanno dato vita il 16 luglio scorso, alla costituzione della  Associazione che raccoglie tutte le città delle lenticchie, tramite la  ?Res Tipica? ( l?associazione appunto che si occupa dei prodotti tipici dei borghi). Nel 1974 si svolse la prima edizione della Sagra della Lenticchia che ottenne un successo insperato, anche e soprattutto a causa della particolarità e della bontà delle lenticchie, a ragione considerate le uniche rivali delle più conosciute lenticchie di Castelluccio.


Un altro prodotto della zona è lo zafferano,  che viene coltivato da 600 anni e che viene preferito a tutti gli altri per cucinare il famoso risotto milanese ?allo zafferano? appunto. Ma non mancano anche il farro e la cicerchia , oltre alle patate di Barisciano.

Ma se il legame storico con Firenze e con il resto dell"Europa, dovuto all"importanza mercantile che la lana aveva avuto nel periodo medioevale fino all"inizio dell"età moderna, aveva fatto sorge borghi di così interessante consistenza e prosperità ( ancor oggi testimoniate dalla qualità e dall?articolazione architettonica degli edifici storici presenti),  in tempi moderni, nuove materie prime ed anche politiche agricole diverse, afferenti a nuovi mercati, segnarono negativamente  il destino di questo borgo, consegnando le popolazioni del posto ad una vita di miseria e di stenti che si sarebbe infine conclusa con l?emigrazione ed il quasi integrale spopolamento.
Ma forse proprio per questo oggi, le eccezionali caratteristiche di autenticità che il borgo ed il suo territorio sono riusciti a conservare hanno permesso di recuperare appieno le antiche consistenze e  atmosfere originarie, per realizzare quell?originalissimo ?Albergo diffuso? di cui parleremo fra breve.


Infatti, dopo che, nel corso degli ultimi 70 anni, si era verificato un notevole declino delle attività economiche della zona, fortemente contrastate dalla posizione geografica sfavorevole e quindi uno spopolamento  del borgo e del territorio, ecco sorgere il nuovo complesso dell??Albergo diffuso?, voluto da un imprenditore appassionato Daniel Kihlgren, che giunto dalla Svezia sul suo ?cavallo? ( la potente moto che gli permetteva di viaggiare in tutta Europa, nelle strade più impervie! ), che innamoratosi del fascino del luogo, inizia un?opera di ristrutturazione, con l?aiuto dello Studio associato DiZio-Di Clemente, che divenne responsabile poi della progettazione e della direzione lavori.

Ed ecco come, su alcune delle pareti e sugli intonaci, si possono ancora ?leggere? i segni della faticosa vita di un tempo: in oltre due secoli, i pavimenti  logorati dall?usura  e le volte annerite dai fumi, rimangono ?a memoria? di un?età che il nostro mondo attuale non vuole ?perdere?! Ed è stato questo Studio che, ponendosi ?con umiltà e passione nella profonda conoscenza di questo patrimonio complesso, frutto di esperienze tramandate, tecniche tradizionali ed influssi culturali esterni?, cercando di comprendere bene  l?importanza della ?conservazione di tale patrimonio per imprescindibili presupposti deontologici? si è prefisso l?encomiabile obiettivo ( che sembra proprio, al visitatore, essere stato effettivamente raggiunto! ) di ?riscoprire e conservare di questo borgo il profumo, il sapore e l?eco della sua autenticità affinchè queste sensazioni nella loro indivisibile unicità possano arrivare alle future generazioni?, sembra davvero, al visitatore, essere stato raggiunto in pieno.


Ogni camera è completamente diversa dalle altre, ma soprattutto è stata resa abitabile, con le più sofisticate esigenze della ricettività contemporanea ( riscaldamento diffuso a pavimento, impianto elettrico totalmente gestito da un piccolo telecomando portatile), ma è posta in modo da  mantenere  l?organizzazione spaziale originaria.

Ricordiamo ancora come la suggestione forte dell?intero territorio, si sia proiettata anche nel mondo dello spettacolo. Sopra S.Stefano si staglia nel cielo la bellissima Rocca Calascio , elevata a più di 1400 metri  ( è la Rocca più alta d?Europa ! ), voluta nel 1100 dai Borboni, come proprio presidio ed  essa è ora ben nota in tutto il  mondo per essere uno dei più suggestivi e ricercati ?set? cinematografico, a cominciare da: ?Lady Hawke?, ?La Piovra? e lo sceneggiato su Padre Pio? e recentemente, allorché  Battiato ha scelto alcuni scorci per il suo ?Musicanten?, presentato a Venezia.

 


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