LUISA CHIUMENTI



    

Una grande mostra ?(Caffi e Genova. La percezione del paesaggio ligure a metà Ottocento ),  dedicata alle opere che  Ippolito Caffi (Belluno 1809 ? Lissa 1866) realizzò in Liguria a metà Ottocento è stata recentemente organizzata a Genova (Museo di Palazzo Reale. Teatro del Falcone),  dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria ( con la Direzione del Museo di Palazzo Reale di Genova ed Arthemisia, nonché il sostegno della Fondazione CARIGE e di Bagliani Santa Caterina srl. ).

E? stata così portata avanti, in contemporanea con la grande mostra di Roma (Museo di Roma, Palazzo Braschi) e successivamente a quella di Belluno (a Palazzo Crepadona), la celebrazione di uno dei più raffinati paesaggisti italiani del medio Ottocento, erede della grande tradizione vedutista del Canaletto, ma precursore di una visione più moderna e aperta a nuove sensibilità.

Tele, disegni e acquerelli, hanno così presentato una affascinante sequenza di vedute di Genova e delle Riviere, ma anche più oltre, della Costa Azzurra, fino a Nizza.

Notevoli i prestiti, effettuati da Musei e Gallerie del livello della Galleria Internazionale d?Arte Moderna di Ca? Pesaro e dal Museo Correr di Venezia, ma anche da parte di collezionisti genovesi e soprattutto del Centro di Documentazione per la Storia, l?Arte e l?Immagine di Genova del Comune di Genova, che hanno presentato in particolare una vasta serie di importanti materiali grafici.


    
Curata da Giorgio Rossini e Luca Leoncini e ideata dallo stesso Rossini, la mostra, è stata allestita nel Teatro del Falcone del Museo di Palazzo Reale, negli spazi restaurati recentemente (  2004 ), con un ottimo allestimento progettato dall?architetto Stefano Fera.

Esule politico e sostenitore della causa risorgimentale, Ippolito Caffi tra il 1849 e 1853, era vissuto in esilio a Genova (pur toccando anche  negli stessi anni, Torino e la Svizzera) e aveva cominciato qui a produrre, per la committenza locale, una serie di piccole, affascinanti vedute che dipingeva spostandosi di continuo lungo  la costa ligure. Viaggiatore curioso e sensibile e osservatore attento e partecipe, egli indagava quel suo ?universo-mondo variegato e tuttavia compatto e continuo, ininterrottamente collegato dai tragitti tra occidente e oriente che si sviluppano attorno al Mediterraneo? , catturando panorami e vedute, e restituendone sulla tela le reali atmosfere, quasi ?anticipando le campagne turistiche dei macchiaioli e degli altri paesaggisti del nostro secondo Ottocento?, e superando così le tendenze dei vedutisti suoi contemporanei.

Delle opere realizzate da Caffi negli anni genovesi, la mostra ha riunito circa una trentina di tele: dal Panorama di Genova (1849); al Palazzo Doria a Genova; alla Genova vista dal Palazzo Doria; Genova, e ancora:Riviera dal Ponente, Celle; La Lanterna a Genova; Panorama di Nizza; Nizza, S. Elena, tutti del  1851, e ancora Bagno delle donne a San Nazzaro di Albano presso Genova (1853);  Veduta dall?Acquasola a Genova; Recco Marina; Veduta del Bisagno; Marina presso la Foce del Bisagno, del 1854.

Molte di tali opere sono inedite come Genova vista da sotto lo Sperone e Veduta di S. Maria di Carignano, del 1851, Burrasca vista dalla sommità d?un monte presso la Lanterna a Genova, Camogli – Panorama e Samperdarena, del 1854.


Molto interessanti sono altresì una decina di ulteriori inediti (?scoperti? dai curatori in collezioni private), che hanno evidenziato una originale, quanto realistica visione della città prima della Rivoluzione Industriale.

Accanto a qualche vedute eseguita da Caffi a Roma, Venezia e Napoli, e ad alcune realizzazioni legate  alla passione politica e all?esotismo dell?Artista, la mostra ( che ha presentato un totale di circa cento opere) ha esposto anche molte vedute realizzate in quegli anni a Genova sia dagli artisti locali sia dai numerosi pittori che scelsero la Liguria quale soggetto prediletto delle loro opere, suggerendo così anche un interessante confronto con la produzione caffiana.

Ottimo la presentazione in Catalogo Skira, sia per i testi che per la particolare raffinatezza dell?apparato iconografico.

 

 

 

 

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