LUISA CHIUMENTI


l’Amour polaire, 1964
    

L?Accademia di Francia a Roma ospita, nei suggestivi  spazi delle ?gallerie? di villa Medici,  una importante mostra dedicata all?opera di Gilles Aillaud ( fino all?8 aprile 2007), realizzata con la consulenza scientifica di Philippe Dagen (storico dell?arte e giornalista per il quotidiano francese ?Le Monde?).

La mostra, che offre un?ampia selezione di opere, provenienti da diverse e prestigiose collezioni, private e pubbliche, illustra ampiamente la poetica di Gilles Aillaud, che sottende, sia nelle tele che nei disegni, una tensione che si articola fra gli opposti concetti di    

 ?chiusura? e ?apertura?, utilizzando la specifica analisi condotta su animali, con quei  loro sguardi densi di paura o di malinconia o di aggressività repressa, dietro le sbarre, o nella situazione incerta e impaurita di fronte all?impressionante fila di chiodi, posta dinanzi all?animale.

Pittore e scenografo, Gilles Aillaud, nato nel 1928 e morto a Parigi il 24 marzo del 2005, ha visto la sua figura più volte associata a quelle di Klaus Michael Grueber in Germania e di Jean Jourdheuil in Francia.

Divenuto, dopo i suoi  numerosi e lunghi viaggi, ?paesaggista?, particolarmente suggestionato dagli spazi aperti verso l?infinito,  Aillaud basa la sua cromia su  una tavolozza volutamente fredda, mentre   il lavoro costante sulla prospettiva e l?inquadratura, tengono lo spettatore emotivamente a distanza dal soggetto, pur integrandolo fisicamente nello spazio che circonda l?oggetto.

Mer bleue, 1995
    
La sua fervida attività, iniziata dagli anni del liceo e fino al 1945, lo portò poi a continuare ancora a dipingere tanto alacremente da realizzare un quadro ogni giorno. Dopo una interruzione  nel lavoro, durata circa due anni, nei quali si dedicò appassionatamente allo studio della filosofia, riprese poi a dipingere alla fine degli anni ?40 e cominciò a dedicarsi  alla tecnica del collage, dipingendo, negli anni ?50, uccelli e  paesaggi marini e cominciando ad allestire le sue prime esposizioni.

E se nel corso  degli anni ?70, si vide l? inizio della sua tipica  raffigurazione di  animali chiusi in gabbia o da recinti o  dietro reti, sbarre o vetrate, è  dal 1978 che si iniziano a vedere quei paesaggi marini, con i quali egli ricominciò a dipingere, partecipando al Salon de la Jeune Peinture.

Ed è assai significativa l?immagine che si può cogliere nelle parole di  (W. G. Sebald Austerlitz;  Romanzo, München: Carl Hanser Verlag 2001): “Degli animali ospitati nel Nocturama, mi restano scolpiti nella memoria gli occhi sorprendentemente grandi di alcuni, e il loro sguardo fisso e penetrante, proprio a quei pittori e a quei filosofi che cercano di penetrare l?oscurità circostante con la purezza dello sguardo e del pensiero.”

Aillaud fu forse l?unico artista ad interessasi agli animali in qualche modo ?costretti? all?interno di  un giardino zoologico, operando, all?interno di ciascuna rappresentazione, con una sorta di ?dinamica autodistruttiva ? o autoderisoria che dir si voglia?.

E se quegli animali fanno pensare ad una idea della ?natura originaria, vergine, selvaggia?,  d?altro canto gli spazi in cui l?artista li fa vivere mostrano chiaramente la costrizione, l?isolamento e la dipendenza triste da un dispositivo umano che sembra offrire loro una sorta di benessere, ma  in realtà del tutto opposto alla tendenza naturale quasi sempre libera dell?animale.

Serval mangeant, 1982
    
E forse è l?artista che si immedesima in questa situazione obbligata, di chiusura in una gabbia, sia pure resa dalla metafora pittorica dell?animale.

Ma la ferocia e la rabbia sono solo finzione, e del resto l?artista lavora per il teatro ( che è appunto finzione ) e  ne realizza le scenografie e quindi i suoi animali, non sono che attori, con espressioni di una forza eccezionale, molto bene espressa, soprattutto, a mio avviso, nei disegni.

Il bel catalogo bilingue, (edito per l?occasione dalla casa editrice Hazan ),  che si avvale di una introduzione firmata da Richard Peduzzi, direttore dell?Accademia,  oltre che dei saggi critici di Philippe Dagen e Federico Nicolao, offre interessanti approfondimenti sulla figura umana dell?artista, attraverso le testimonianze di Luc Bondy, Pierre Buraglio e Netta Vespignani. Il visitatore comprende in tal modo meglio la sua pittura, anche attraverso i lunghi anni in cui l?artista rimase quasi immobilizzato e pur continuò la sua vita di relazione e di pensiero.

Dall?anno 1965 presidente del Salon, egli  si dedicò anche alla realizzazione di opere collettive assieme a Eduardo Arroyo e ad Antonio Recalcati (premio Presidente della Repubblica 2006). Fra queste opere vanno ricordate ad esempio: ?Une passion dans le désert? (Una passione nel deserto), ?Vire et laisser mourir ou la fin tragique de Marcel Duchamp? (Vivi e lascia morire o la tragica fine di Marcel Duchamp) e dopo la mostra ?Mitologie Quotidiane? allestita al Musée d?Art Moderne de la Ville de Paris, il suo lavoro venne associato al movimento della Nouvelle Figuration.

Una bella mostra dunque, che obbliga il visitatore a ?pensare?, perché,  fra le righe di una vaga malinconia, l?artista è riuscito ad infondere ai suoi ?protagonisti? una particolare luce di serenità e di speranza ed il visitatore  non può non provare il desiderio di comprendere meglio queste creature che appaiono spesso inutilmente strappate ad un vivere consono alla loro natura.

 

Per informazioni:

 

Accademia di Francia a Roma ? Villa Medici

Viale Trintà dei Monti, 1 ? 00187 Roma

Tel. +39 06 67 61 291

Fax. +39 06 67 61 243