EMMA VISCOMI



Grandi o piccoli, sempreverdi, utili. Sono gli alberi della famiglia degli Agrumi, originari dell?Asia e diffusi successivamente in terre dal clima mite. Arancio, limone, mandarino, pompelmo e cedro, sono raggruppati in un?unica voce scientifica: citrus. Un  tempo, crescevano rigogliosi lungo le fasce costiere della Calabria, a tal punto da essere considerati una grande risorsa, soprattutto per i rapporti commerciali stabiliti con gli ebrei, che non potevano fare a meno di avere sulla loro tavola i preziosi frutti, sia per motivi religiosi che per motivi alimentari. E pare che proprio gli ebrei siano stati i primi a definire kata-rion, il promontorio oltre il quale consideravano raggiunta la loro meta, per il rifornimento del prezioso frutto. Contro questa definizione molto appetibile e suggestiva, si alza la voce dei sostenitori di un?altra ipotesi. Per loro, Cetraro, ridente località balneare della costa tirrenica cosentina, prende il nome dalla preposizione latina citra (al di qua ) e dal fiumiciattolo Aron che scorre nel territorio. Una terza interpretazione è supportata dall?impiego della stessa preposizione più il generico rivum, riferito sempre al medesimo corso d?acqua. Una quarta trae origine da citrarium, cioè luogo adibito alla coltura dei cedri.  

E mentre la discussione è aperta ad altre possibili versioni, oggi la città vive di agricoltura, pesca e turismo molto produttivo nei mesi estivi. E? il mare il richiamo più forte di Cetraro, con servizi adeguati sulla spiaggia bassa e rettilinea, ma a tratti anche alta e scoscesa.

Il centro abitato è posto a 120 metri sul livello del mare e si estende sulla superficie di 65 kmq. La posizione è ottimale, con alle spalle alture che proteggono dai venti freddi provenienti da Pollino e Sila, ed il mare di fronte, ad occidente, pronto a mitigare il freddo nei mesi invernali.

Gli antichi  Bruzi, così restii a lasciare i luoghi di montagna, furono conquistati dall?amenità del luogo e vi fondarono il loro primo insediamento marittimo urbano.


Passeggiando per il centro storico, si fanno scoperte interessanti: ogni viuzza, ogni piccola piazza, ogni angolo angusto, rivela aspetti suggestivi o autentici miracoli architettonici. Può essere un arco che sembra in piedi per scommessa, una scala ardita nella sua salita, un androne che anticipa la bellezza di un vecchio palazzo. Stemmi e portali hanno la solennità del tempo che fu, come le facciata delle Chiese, fatte e rifatte, con materiale di risulta.

Per trovarsi dentro il vecchio borgo, si può scegliere tra Porta Mare, Porta da Basso e Porta di Sopra. L?effetto è unico. Gli aspetti all?interno sono molteplici, perché ogni casa è un microcosmo a sé. Ogni negozietto, rappresenta uno spaccato di vita comune con rapporti interpersonali che entrano di diritto, al di là del gioco della domanda e dell?offerta, nei ruoli imposti dal mercato, nel significato tradizionale del termine. I turisti, novelli o affezionati, si sentono coinvolti nel sistema e riempiono volentieri strade e luoghi di ritrovo. Ogni rione vive un campanilismo acceso solo in occasione del Torneo di san Benedetto. Per assistervi, tocca trovarsi sul posto nei giorni del 10 e 11 luglio, dedicati ai festeggiamenti organizzati in onore del Santo patrono. Uomini e donne, giovani ed adulti, difendono i colori del  proprio quartiere sotto le insegne di volpi, aquile e panda, o di altri animali in via d?estinzione.

La festa è grande e coinvolgente. Si consuma nell?arco di quarantotto ore, ma ha alle spalle settimane e settimane di preparazione, perché tutto deve funzionare a meraviglia. Alla fine, ci sono riconoscimenti per tutti, compresi i premi di consolazione. E per ringraziamento, tutti in processione al Santuario della Madonna della Serra, aperto nei giorni feriali solo durante i mesi estivi, mentre per assistere alla messa tocca aspettare la domenica.


Il percorso è agevole per chi è abituato a scarpinare fra le varie frazioni disseminate nei dintorni. Alcune hanno nomi insoliti ormai consolidati dalla tradizione: Caparrua, Ceramile, Ceselle, Manche, Massete, Palazzese, Sopra l?Irto, Scevusa, Sinni e Treselle. Ci sono poi sant?Angelo, san Filippo, san Giacomo, santo Ianni e santa Lucia. C?è pure san Marco, borgo marinaro fondato da veneti dopo il terremoto del 1905.

La marineria è determinante nella vita di Cetraro, oggi come ieri, con il  porto, vasto e funzionale, ben attrezzato, il rito delle reti da riparare, la vendita di prodotti ittici appena pescati. Le barche non sono più quelle che uscivano dai cantieri d?una volta. Contro l?abilità dei maestri d?ascia, nel 1545 si abbattè  l?ira del sultano Solimano, che ordinò la distruzione di ogni cosa, compresi sette galeoni.

Dopo un così triste avvenimento, dà sollievo la lettura di una targa che ricorda una presenza gradita, in data 18 settembre 1190. Riccardo Cuor di Leone, re d? Inghilterra, in viaggio verso la Terra santa, fece sosta a Cetraro per rifocillare corpo e spirito, suo e dell?equipaggio.

Altro personaggio importante, nella storia della città, è Sikelgaita. La duchessa, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, nel 1086  fece atto di donazione della città all?abate Desiderio IV Epifanio di Montecassino per ringraziarlo della funzione diplomatica svolta a Melfi, per la riconciliazione dei Normanni con papa Leone IX. Ai benedettini, presenti nel territorio per 726 anni, restano legate tracce di vita monastica un po? ovunque. La chiesa, dedicata al fondatore dell?Ordine, risale al 1100. Alcuni rifacimenti sono del Rinascimento, altri del periodo barocco. Gli affreschi sulla volta sono di chiara influenza michelangiolesca. Coro ligneo e confessionale  sono capolavori d?intarsi eseguiti da ebanisti della Scuola meridionale. Percorrendo l?interno in religioso silenzio, capita di ascoltare le note dell?organo restaurato di recente. La statua maestosa ed in marmo del Santo di Norcia, è opera di uno scultore anonimo napoletano. Quella in legno della Madonna del Rosario si attribuisce invece ad un artista calabrese del XIX secolo. Gli organi sono uno del XVIII  e l?altro, a canne, del XIX secolo. In sagrestia sono custoditi pissidi ed ostensori realizzati da argentieri cesellatori. Molti dipinti e un Cristo risorto completano il corredo artistico della Chiesa di san Benedetto. Accanto ad essa s?innalza il torrione trasformato in campanile prima del 1540.


Appena fuori ed è già tempo di respirare l?aria mistica della Chiesa del Ritiro, anch?essa sottoposta a vari rifacimenti e con affreschi di angeli e santi, in un tripudio di colori tutto seicentesco. Altro particolare da ammirare: il quadro della Madonna con in grembo Gesù deposto dalla Croce. Le edicole marmoree del 1533, in arte semplice del Mazzolo, poste sui lati, propongono volti sacri che irradiano luce. Diversi elementi sono gotici, come il portale ed i resti del chiostro. In marmo policromo è la pala d?altare. Sempre in marmo sono due grandi statue del ?500. Il primo insediamento è datato 1634. Diventò Studio teologico del Beato Angelo di Arti nel 1711, funzione conservata per un secolo. Il  primo restauro del 1812 ebbe la firma di Biagio Durante di Luzzi  ma per la riapertura si dovette attendere il 1818.

Attraverso vicoli e salite si accede alla Chiesa dei Cappuccini dove sono custodite diverse opere sacre e cinque tele del 1600 di Bernardo Azzolini.

Nel cuore del borgo storico, (miezzu a curta per i residenti) davanzali e balconi fioriti ingentiliscono severi palazzi. L?importanza delle varie famiglie appare negli stemmi e fregi sui portali di pietra serena. Il panorama trova fascino nella sua discontinuità, tra mare dall?azzurro turchino, montagne dai verdi crinali e colline gialle con le ginestre in fiore.



Museo etnografico e frantoio fanno parte di un mondo appena trascorso e già sepolto senza troppa nostalgia. Arnesi e suppellettil di arte povera ed applicazione certosina, riempiono ambienti frequentati dopo ore di sole e di mare, in alternativa ad altri appuntamenti in zona. Molto allettanti sono i percorsi eno-gastronomici con al centro della tavola il tanto declamato peperoncino, che esalta da solo il gusto di qualsiasi piatto, anche il più semplice, anche il più povero di ingredienti e sapori.

Per raggiungere Cetraro venendo da nord, si lascia l?A3 a Lagonegro e si prosegue con la SS 585, attraverso il Fondo della Valle del Noce. Da sud, la strada preferenziale è la SS tirrenica 18 inferiore, con uscita a Falerna. Se poi si vuole ammirare la zona più interna, conviene percorrere la Strada delle Terme. La cura delle acque è consolidata nella tradizione degli Stabilimenti Luigiani di Guardia Piemontese, gravitante nella stessa orbita turistica di Acquappesa, Fagnano Castello, Malvito e Sant?Agata di Esaro, cioè nell?alto Tirreno calabrese, con l?entroterra compreso tra Sila e Parco del Pollino.
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Le grotte da esplorare sono lungo la costa. Le più famose sono due. Una è la Grotta delle Colonne, l?altra è quella dei Rizzi.

Gli ultimi raggi di sole al tramonto sulla linea dell?orizzonte, regalano alla Riviera dei Cedri giochi di luce che paiono usciti dal pennello magico di un pittore motivato dalla più fervida delle fantasie. La coltura è antica almeno quanto la diffusione del Cristianesimo nell?Impero romano. Certamente ebbe fortune incommensurabili con l?arrivo dei bizantini e l?influsso della Scuola medica di Salerno.

Il momento più fecondo si ebbe nel XVI secolo, con gli ebrei, severi selezionatori dei frutti a terra, con tanto di copricapo in testa. Ogni cedro destinato a comparire nelle loro festività, non poteva non avere requisiti inalienabili di assoluta perfezione.

L?intolleranza religiosa degli Spagnoli, arrivati dopo, portò alla distruzione delle piante nei cosiddetti ? barchi?. Commercio e profitti andarono in malora, con grave danno all?economia, che solo adesso dà segnali di ripresa, potendo contare sull?esportazione diretta in Olanda e Germania, paesi di largo consumo di cedri e derivati.

Passato e presente vivono così all?insegna di un frutto che è anche considerato simbolo di pace tra coloro che professano religioni diverse.
Anche l?arte orafa si è appropriata di fiori e foglie per decorare ciondoli lavorati in oro e colorati in smalto. Un souvenir in più per una vacanza da ricordare