GIUSEPPE GARBARINO



La campagna toscana è sempre stata motivo di ispirazione per i grandi artisti, siano essi stati pittori o poeti, forse è per questo che a Firenze si è vissuta, nel Rinascimento, la più grande concentrazione di bellezza artistica da tutti invidiata.

E? una mostra recentemente inaugurata che ci porta su questa strada delle colline tanto amate, di angoli di quiete domestica ritagliati all?ombra di vecchie querce al limite di campi dove le viti e gli olivi fanno da sempre da cornice.

Fin dal 1442 il nonno di Domenico Ghirlandaio possedeva infatti un terreno nel popolo di San Martino a Scandicci. I terreni dei Ghirlandaio, o meglio della famiglia Bigordi, erano localizzati a Broncigliano, piccola frazione di collina dell?odierno comune, a sud della località nota come Scandicci Alto. Questo terreno, sul quale i Ghirlandaio fecero costruire una casa da lavoratore, resterà per lungo tempo proprietà della famiglia, come ricorda anche Tommaso Bigordi, padre di Domenico, nella sua dichiarazione al fisco nel 1480: ?un mezo poderuzzo chon 1⁄2 chasa da lavoratore, posto nel popolo di San Martino a Schandicci, pievere di Giogholi, luogo detto Broncigliano??.

Bigordi era il loro vero nome  e venivano chiamati “ghirlandai? dalla professione esercitata dal padre di Domenico, il primo grande artista di famiglia. Domenico di Tommaso Bigordi nacque primo di cinque figli dall?orafo Tommaso di Currado, un gioielliere con bottega in quella antica strada fiorentina chiamata via dell?Ariento, una storpiatura del termine ?argento? che qui veniva lavorato nelle botteghe degli orefici. L?abilità di Tommaso Bigordi nel realizzare ghirlande d?argento per le fanciulle e dame fiorentine ebbe un tale successo che gli venne attribuito il fortunato soprannome di “Ghirlandajo”.


Il loro microcosmo di affetti e proprietà nel contado fiorentino si allargava dalla piccola e nascosta Colleramole fino a Broncigliano, ma tutto quel territorio che oggi è conosciuto come Scandicci e Impruneta è stato baciato dalla mano felice dei pittori di questa famiglia.

 

Domenico del Ghirlandaio è considerato il campione del Rinascimento fiorentino ed ebbe un unico cruccio nel panorama dei suoi capolavori, che non gli fosse stato permesso di dipingere le mura della città di Firenze, quella grande cerchia muraria che se realizzata con le storie della città sarebbe diventata l?opera più imponente del mondo, otto chilometri di perimetro!

Una mostra con venti opere è ora raccolta al castello dell?Acciaiolo in quel di Scandicci, nel piano poco sotto Broncigliano, casa di campagna dove tenevano un fattore, mentre a Colleramole, in quella che oggi si chiama Villa Agostini, la famiglia passava le estati a villeggiare.

Inaugurata il 21 novembre di quest?anno proseguirà fino al 1 maggio del 2011 ed è considerata un evento culturale di importante valore, proprio per la volontà dei suoi organizzatori, di recuperare quel rapporto con il territorio fuori Firenze, un modo per valorizzare e non di portare via le opere dalla loro sede naturale.  (www.ghirlandaio.it )


I Ghirlandaio ebbero quindi un costante rapporto con il territorio di Scandicci conservando a lungo quella casa e il terreno presso San Martino, fino all?acquisto, da parte di Domenico, fra il 1480 e il 1490, di una casa situata nei pressi di Santa Maria a Colleramole, un?antica parrocchia che ora è nel comune dell?Impruneta, ma un tempo era affiliata alla pieve di Sant?Alessandro a Giogoli. La casa dei Ghirlandaio esiste tutt?oggi ed è identificabile nell?attuale villa Agostini a Colleramole, dove una lapide posta all?esterno dell?edificio, ne ricorda l?appartenenza alla prestigiosa. E?stato il Vasari ha tramandarci lo stretto rapporto con i componenti della sua famiglia, in particolare con i fratelli minori David e Benedetto, entrambi pittori e suoi collaboratori.  Giovambattista, anch?egli pittore, nato nel 1466 dal secondo matrimonio del padre Tommaso Bigordi con Antonia del Puzzola ci da invece l?impressione l?impressione  che avesse un carattere inquieto e controverso, la classica pecora nera della famiglia.

Fra gli aiutanti del Ghirlandaio il più fedele fu il cognato, il pittore Bastiano Mainardi da San Gimignano (1466 – 1513), marito della sorellastra Alessandra.

Oltre alla mostra al Castello dell?Acciaiolo ci sono tutta una serie di luoghi da visitare, come la Badia di Settimo, dove è visibile un nucleo delle opere del Ghirlandaio e della sua bottega e in altre parrocchie del territorio, dove sono rimasti e saranno visibili alcuni dipinti inclusi in catalogo. E? un coinvolgimento a 360 gradi, che si estende dalla campagna fino al centro di Firenze: San Salvatore e San Lorenzo a Settimo, il museo di Arte Sacra di San Martino a Gangalandi, quello di San Donnino a Campi Bisenzio, il Museo Degli Innocenti, Palazzo Medici Riccardi, tutti luoghi della memoria artistica.


E? molto interessante verificare che i Ghirlandaio, frequentando le principali località oggi incluse nel territorio comunale di Scandicci, decidessero di lasciare i segni evidenti del loro passaggio, con tele ed affreschi che contribuirono ad impreziosire cappelle e navate delle chiese.

I monaci della la prestigiosa abbazia cistercense di Salvatore e San Lorenzo a Settimo, che rappresentò nel corso dei secoli un importante centro propulsore religioso e culturale di livello europeo, commissionarono nel 1479 tre tavole a Domenico Ghirlandaio. Una raffigurante la Deposizione di Cristo nel sepolcro, con la Vergine, Giuseppe d?Arimatea, i Santi Giovanni Evangelista, Gerolamo e Gregorio e un?altra con l?Adorazione dei Magi e San Benedetto, rispettivamente destinate agli altari intitolati a San Gregorio ed a San Benedetto. Ora sono conservate nella sagrestia, frutto di una sistemazione settecentesca, insieme alla Deposizione con la Vergine, Giuseppe d?Arimatea e i Santi Maddalena, Bernardo di Chiaravalle e Quintino, dipinta circa negli stessi anni da Francesco Botticini, forse per un altro altare intitolato a questi ultimi due santi.


Nella Badia di Settimo, nel chiostro dei Melaranci, si trovava un Cristo Crocifisso che si stacca dalla croce per abbracciare il genuflesso San Bernardo. Oggi è scomparsa, ma si può immaginare andando a vedere quella che si trova nella chiesa cistercense del Cestello, sui lungarni fiorentini.

Da Domenico la stirpe di artisti proseguì con Ridolfo che non dimenticò l?attaccamento di famiglia per la campagna dove era cresciuto e intorno al 1506, nei pressi della Pieve di Sant?Alessandro a Giogoli, sulla via Volterrana, nelle vicinanze della sua abitazione, eseguì un tabernacolo, ora staccato e ridotto ad un lacerto. Ricordato dal Vasari, raffigurava la Madonna col Bambino accompagnata da due angeli ed è esposto nella mostra per il suo valore di testimonianza storica.

Durante la sua vita Ridolfo del Ghirlandaio non abbandonò mai Firenze, nonostante l?insistenza del suo amico il pittore Raffaello Sanzio che lo voleva a Roma a tutti i costi. Diceva che non voleva ?perdere la cupola di veduta?, quel panorama sul cupolone, il Duomo di Firenze e rimase sempre nella sua città, continuando a frequentare i luoghi del contado fiorentino, ai quali la sua famiglia era da tempo legata.