LUISA CHIUMENTI



L’architetto Josep Lluis Sert (Barcellona, 1902-1983) e il suo progetto dello Studio di Mirò. (fino al 10 giugno 2012).

La Fundació Pilar i Joan Miró di Maiorca ha presentato  in Italia, con la mostra “Miró: poesia e luce”  la produzione di Joan Miró (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983), nel segno profondo lasciato dall’artista  nell’ambito delle avanguardie europee. L’esposizione, curata da Luisa Lax, aperta  negli spazi prestigiosi del Chiostro del Bramante in Roma, presenta anche un prezioso Catalogo 24 ORE Cultura. E vorremmo cogliere in questa sede come assai suggestiva  in mostra, la ricostruzione dello studio di Mirò con tutti gli attrezzi che gli servivano, i cavalletti, i tavoli, i colori: ciò che mette in luce quanto lo “Studio” in sé abbia  sempre rappresentato per Mirò un vero e proprio sogno.Infatti l’esposizione, oltre a rappresentare un’ampia retrospettiva dell’artista, concentrandosi in particolare sulla produzione dell’ultima fase della sua lunga vita, come “nucleo fondamentale del percorso di questa mostra, imprescindibile per conoscere il processo creativo dell’artista”, vuole dare anche al pubblico l’opportunità di accostarsi alla concretizzazione di un sogno che Miró coltivò sempre, ma poté realizzare solo una volta raggiunta la maturità: un ampio spazio tutto suo, dove “lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli”, Ed ecco, a “Son Abrines”, la casa di campagna in cui avrebbe vissuto e lavorato per il resto della sua vita, circondato dai mandorli, l’ ambiente incantevole dove egli fece costruire  finalmente il suo tanto sospirato studio.



L’edificio, di taglio razionalista, fu progettato dall’architetto Josep Lluis Sert (Barcellona, 1902 -1983), intimo amico di Miró, il quale realizzò il desiderio dell’artista con piena soddisfazione di quest’ultimo. L’esterno, ispirato alla tradizionale architettura mediterranea, è contraddistinto dal rapporto tra il rigore rettilineo dominante nelle facciate e il vivace movimento curvilineo creato dal profilo del tetto. Pensando allo spirito del committente, Sert fece “un uso ardito dei materiali e del cromatismo, combinando la terracotta nel suo colore naturale con tocchi di rosso, blu e giallo, colori primari che formano una parte ineludibile della tavolozza del pittore . L’interno è caratterizzato da una grande stanza rettangolare inondata di luce naturale, che permetteva all’artista di lavorare su tele di ogni possibile formato, trasfondendovi la poesia delle sue pennellate. Se c’è un singolo elemento in questo spazio che merita di essere citato, questo è il balcone interno continuo a forma di L, che corre lungo due lati della stanza, permettendo all’artista di contemplare in prospettiva tutto il suo universo creativo.Peraltro, l’atelier Sert non è l’unico spazio per la creazione e la riflessione di cui disponesse Miró: nel 1959 egli aggiunse alla sua proprietà una splendida villa maiorchina del XVIII secolo, “Son Boter”, sulle cui pareti ci ha lasciato preziosissime e singolari testimonianze della sua arte sotto forma di graffiti. Tre bozzetti per murali illustrano l’interesse  di Mirò a compenetrare fra loro arte e architettura.



Per dare vita a uno spazio stimolante per la sua creatività Mirò riempiva lo studio di elementi naturali e artificiali di ogni tipo: cartoline, ritagli di giornali, sassi, farfalle, conchiglie, giocattoli e perfino maschere dell’Oceania. Il “territorio Miró” di Maiorca non si limita però a questi due magnifici edifici, ma comprende anche la costruzione che ospita la mostra permanente, progettata da Rafael Moneo e inaugurata nel 1992; il suo nucleo fondamentale, lo “spazio Estrella”, è un diretto omaggio a uno degli elementi emblematici del linguaggio di Miró.Tali edifici sono connessi tra loro dalla magia della natura; per questo la Fundació Pilar i Joan Miró di Maiorca non è un museo tradizionale, ma rappresenta un’enclave privilegiata, scelta per volontà dell’artista stesso, in cui è ancora possibile, passeggiando lungo i suoi sentieri o soffermandosi nei suoi angoli, cogliere lo spirito Miró. Ed é così che nel maggio del 1938, sulla rivista francese “XXe siècle”, appena fondata dall’editore e gallerista italiano Gualtieri di San Lazzaro (pseudonimo di Giuseppe Antonio Leandro Papa -1904-1974), appariva “Je rêve d’un grand atelier”.Tale rivista, divenuta poi uno strumento di diffusione dell’arte moderna, presentava opere grafiche originali, realizzate dagli artisti più prestigiosi del momento. Nella sua prima fase, tra il 1938 e il 1939, “XXe siècle” pubblicò quattro numeri.



Quando San Lazzaro intervistò Miró per il secondo numero della rivista, apparso nel 1938, l’artista viveva e lavorava al n. 98 del boulevard Auguste-Blanqui, a Parigi. Dal luglio 1936, la Spagna era piombata nella violenza causata dalla guerra civile. Allo scoppio della guerra, Miró si trovava a Montroig (Tarragona), ma in autunno si trasferì a Parigi per esporvi la sua più recente produzione. La gravità del conflitto bellico spagnolo lo obbligò a rimanere in Francia fino alla fine delle ostilità. Invitando quindi ad una visita approfondita alla bella mostra, ricordiamo che il percorso espositivo comprende diversi materiali, supporti e tecniche, che mostrano il cromatismo e le varie espressioni artistiche di questo creatore universale, presentando al visitatore dipinti, opere su carta, sculture in bronzo e terracotta.

 

Per informazioni:

www.mostramro.it