Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini

Gli appassionati di mete inusuali e di turismo di scoperta in aree ignorate dai flussi di massa, hanno una nuova destinazione pressoché sconosciuta verso cui orientarsi: il Bangladesh, uno stato incuneato nell’estremo nord-est dell’India e affacciato da nord sul golfo del Bengala, tristemente noto per la povertà dei suoi abitanti e le calamità naturali a cui va periodicamente soggetto, ma non per le rilevanti peculiarità ambientali, culturali, artistiche e etnografiche che possiede. Grande metà dell’Italia, ma con una popolazione oltre il doppio e una densità demografica record tra le più alte al mondo con quasi mille abitanti per chilometro quadrato, si presenta come una piatta e sconfinata pianura nella regione del delta dei grandi fiumi indiani Gange, Bramaputra e altri minori a formare il maggior delta del pianeta, con una serie infinita di corsi d’acqua, canali, paludi, isole e isolette fluviali. Solo nella regione di sud-est verso i confini con il Myanmar sorgono alcune colline ricoperte da intense foreste di bambù. Grazie alla presenza dei monsoni, assai attivi tra aprile e ottobre, è anche una delle zone della terra con maggior piovosità. Se la pioggia irriga i campi e le risaie rendendoli fertili, l’eccessiva abbondanza dei cicloni provoca lo straripamento periodico dei fiumi che distruggono coltivazioni e villaggi, spesso con pesanti tributi di vittime.

L’area di maggior interesse naturalistico è sicuramente costituita dal parco nazionale di Sundarbans, nell’estremo delta del Gange verso il confine con il Bengala, una vasta zona umida di fiumi, canali, paludi e isole dove si alternano acque dolci e salate, ricoperta dalla maggior foresta di mangrovie esistente in tutto il pianeta  e ultimo habitat dell’ormai rarissima tigre reale del Bengala, qui presente con 450 esemplari protetti (un terzo di tutti quelli esistenti) e accompagnata dalla non lusinghiera fama di mangiatrice d’uomini, per il tributo annuale di 20-80 vittime che richiede questo stupendo felino il quale, per adattarsi a vivere in questo habitat, ha dovuto imparare a nuotare. La zona presenta un’elevata biodiversità: 335 specie diverse di piante, 49 di mammiferi tra cui cervi maculati, cinghiali, un primate macaco, gatti selvatici, lontre e delfini, anfibi e rettili tra cui enormi coccodrilli, pesci, crostacei e granchi; è anche un vero santuario ornitologico, con uccelli terrestri, acquatici e rapaci.

Per il patrimonio archeologico da segnalare la città santa musulmana di Bagerhat con i suoi 50 monumenti del 1400, tra cui la maggior moschea del paese con ben 60 cupole; Paharpur, piccolo e antico villaggio sorto nel VII secolo attorno al maggior monastero buddista a sud dell’Himalaya e importante centro religioso e culturale fino al 1300, esteso su una superficie di 11 ettari; la sua architettura ha influenzato non poco quelli dei templi eretti successivamente in Birmania e Cambogia. Per la loro importanza tutti e tre sono stati riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Da ricordare anche le rovine di templi e monasteri dell’antico sito buddista di Mainimati, e la città templare di Puthia, che vanta il maggior numero di edifici storici hindu del paese e le più belle rajbaris, le eleganti residenze dei ricchi proprietari terrieri. Degne di interesse etnografico sono anche le popolazioni tribali di Rangamati, buddiste di origini birmane e tibetane di etnia Chakma  che vivono in case a palafitte  tra le colline ricoperte da una giungla molto rigogliosa di banani, bambù e tek attorno al lago Kaptai. Da non dimenticare infine la capitale Dakha, o Dacca, una metropoli di 15 milioni di abitanti ricca di testimonianze seicentesche dei sovrani Moghoul e di begli edifici coloniali, percorsa da 500 mila ciclorickshaws, il mezzo di trasporto più diffuso. Da segnalare come curiosità il fatto che presso Chittagong sorge il maggior cantiere del mondo per lo smantellamento manuale delle navi in disuso di qualsiasi genere: una vera enorme bolgia dantesca, tra figure umane, tubi e lamiere arrugginite. Come si vede un patrimonio di tutto rispetto, degno della curiosità di grandi viaggiatori e dell’intelligente motto delle autorità locali: “venite in Bangladesh prima dei turisti”.