A TREBISACCE TRA IL MARE, GLI ARANCETI, I SITI ARCHEOLOGICI E I SAPORI DI UN’ENOGASTRONOMIA CON RADICI ANTICHE

 

Di Mariella Morosi

E’ estate, ma le arance maturano ancora dolcissime e succose nei giardini affacciati sullo Jonio di Trebisacce (Cosenza) e gli alberi promettono nuovi frutti fino ad agosto inoltrato. Sono di una qualità tardiva molto apprezzata, il Biondo di Trebisacce, che viene utilizzato anche per confetture e dolci. Le spiagge della costa offrono ancora spazi incontaminati mentre il mare si riconferma, forte della sua riconfermata Bandiera Blu pulito e azzurrissimo. Trebisacce è uno di quei comuni calabresi poco conosciuti, ed il fatto di essere stato trascurato dal turismo di massa ha contribuito s preservarne integrità e bellezza. Insieme al mantenimento dell’habitat naturale nelle oasi protette e nelle pinete, da tempo le istituzioni hanno potenziato la fruibilità delle aree e dei siti archeologici. Da non trascurare l’appeal esercitato dall’enogastronomia calabrese con l’intensità dei profumi e dei sapori che rispecchiano i contrasti della natura e i panorami aspri, talvolta selvaggi. Le opportunità offerte da questa destinazione turistica sono state illustrate in vari sedi incrociando la domanda emergente di turismo slow, colto ed esigente. “La nostra città – ha detto il   sindaco di Trebisacce, Franco Mundo-  ha sviluppato negli anni i servizi acquisendo una forte vocazione turistica. Ha tutte le carte in regola per essere conosciuta ed apprezzata”. Trebisacce ha origini antichissime. Se ne comprende la storia salendo in collina fino al sito archeologico del Broglio, dove sono state ricostruite le capanne degli Enotri. Si tratta di un villaggio fiorito per mille anni tra il 1700 e il 710 avanti Cristo, poi misteriosamente abbandonato con l’arrivo dei coloni greci nella zona, che fondarono Sibari. Tra le scoperte più interessanti, una fornace dove un artigiano, forse venuto da lontano, fece conoscere alle genti del Broglio il ferro e diede una dimostrazione su come lavorarlo. In un grande magazzino sotterraneo. Là sono stati rinvenuti cinque dolii, grandi anfore che conservavano derrate alimentari tra cui l’olio d’oliva che gli Enotri già apprezzavano. I resti di alcuni cervi sacrificati per un banchetto dimostrano il livello della convivialità raggiunto da quei popoli. Il sito era peraltro collegato anche a quello di Macchiabate del Timpone a Francavilla Marittima, che con il suo tempio dedicato a una divinità femminile e ad Atena poi, era considerato un polo religioso. Molte le visite guidare organizzate da storici dell’arte e da volontari (www.sitoarcheologicodibroglio.it)

Merita un’escursione anche il Bosco di Trebisacce, nei pressi della Torre di Albidona che è diventato un’area ambientale protetta e attrezzata entrando a far parte della Rete Natura 2.000. Sono stati definiti percorsi tra piante della macchia mediterranea e animali a rischio estinzione. Per questo il bosco, che si estende in prossimità della Fiumara Avena è visitabile solo su prenotazione contattando il Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini dello Jonio Cosentino (www.cbjoniocosentino.it). Ma anche il centro della città offre molte sorprese, con un intricato saliscendi di viuzze. Tra i luoghi più belli  è la piazza del Cannone, chiamata così perché le numerose acque sorgive sgorgano dalle montagne con la violenza del rombo di un cannone. Qui un tempo si ritrovavano le donne a riempire le brocche con l’acqua da portare in casa e gli uomini che per abbeverare gli animali. Un incontro che faceva nascere amori e matrimoni e proprio per il suo significato romantico è stato scelto come palcoscenico su cui vengono declamate poesie nel corso del festival letterario che si svolge del secondo week end di agosto. Da visitare il Museo dell’arte olearie e della civiltà contadina Ludovico Noia che custodisce i grandi torchi in legno, le macine, ma anche oggetti in uso nella vita quotidiana e del lavoro. E, sorpresa,  si scopre anche che Halloween non è stata inventata dagli Americani. Qui era tradizione antica che nella notte tra il primo e il 2 novembre i bambini si divertivano a girare per le case di Trebisacce con un teschio fabbricato in creta con dentro una candela accesa per chiedere un soldino per i morti e naturalmente confetti e dolciumi. A pochi passi dal Museo è da ammirare la Chiesa Madre dal tetto ligneo.

Restaurata di recente grazie al contributo dei fedeli e della Sovrintendenza conserva al suo interno un Cristo in legno del 1400 snodabile. Veniva utilizzato in varie occasioni sia per rappresentare Cristo Morto che per riproporlo Risorto il giorno di Pasqua. Il suo restauro è durato diversi anni e Vittorio Sgarbi l’annovera tra gli edifici di culto di grande pregio. si tratta di un’opera di grande pregio. Se a colpire piacevolmente i viaggiatori golosi è l’infuocata ‘nduja, a base di peperoncino, molte altre specialità di fanno apprezzare, a cominciare dalla sardella (in dialetto sardicella o nudicella): piccantissima mistura di pesciolini e l’onnipresente peperoncino. Anche i salumi, a cominciare dalla soppressata, dalle salsicce e dai capocolli, nonché i formaggi stagionati e i caciocavalli di mucca podolica,  si fanno ricordare per intensità. Molte le paste, fatte in casa anche senza uova. Alcune sono fatte avvolgendole al “ferretto” come i Maccarruni a firrettu o scolatelli, poi conditi in tanti modi, secondo la disponibilità e le stagioni. Da provare anche la cuccia a base di grano cotto, carne di maiale o di capra, la pasta con i cardi selvatici, e quella col pangrattato e acciughe,  la polenta con broccoli e ciccioli e la zuppa ai cipudduzzi, le cipolle selvatiche. Tra le carni trionfa il maiale e l’agnello e tra i pesci prevale quello azzurro. Moltissimi i dolci a base di fichi e di mandorle. Le uve antiche autoctone marcigliana, gaglioppo e greco nero sono alla base di molti vini rossi. corposi e tannici, come il Savuto, che ben si abbinano a piatti robusti. La moderna enologia consente oggi una produzione di livello molto apprezzata anche da uve a bacca bianca adatte ai piatti di pesce.

E’ tradizione impiegare l’arancia tardiva anche nei primi piatti e nelle carni, oltre che in moltissime declinazioni nei dessert e nelle marmellate, solo frutta e zucchero amalgamati a fuoco lento. Un giovane locale, Massimo Pizzini, partendo da uno studio per un esame universitario di economia, ha compreso l’importanza di una cultivar tanto speciale aprendo un’azienda con buoni risultati e opportunità lavorative “Sono partito proprio dal biondo di Trebisacce”, dice l’iimprenditore- ma nel produrre le marmellate, usiamo i metodi naturali che usano le casalinghe di Trebisacce: solo frutta e zucchero cotti a fuoco lento. Oggi abbiamo introdotto anche la linea di marmellate con zucchero di canna equelle biologiche senza zucchero. Abbiamo incontrato il favore dei mercati e adesso realizziamo marmellate con i frutti dop di tutta la Calabria: dal bergamotto alle ciliegie dop di Roseto Capo Spulico. E non può mancare la cannella, il peperoncino e la liquirizia”. Tanti ristoranti e agriturismi puntano sul rispetto della tradizione soprattutto in cucina per offrire il vero aspetto di una terra tutta da scoprire. Se nel mondo globalizzato si tende a riscoprire l’economia agricola e il lavoro dell’uomo, la Calabria è il posto giusto per conoscere una storia minore troppo presto dimenticata.

www.parcoarcheologicodibroglio.it