Viaggio intorno ai vini dei vulcani presentato al Vinitaly dall’ Associazione “Donne della vite”

 

Di Mariella Morosi

Un vero e proprio viaggio nei territori vulcanici e tra i vini che da questi nascono è stato organizzato al Vinitaly dall’Associazione “Donne della Vite” grazie al supporto di Vino Italico, AIS e Consorzio di Soave. L’obiettivo è stato quello di valorizzarne le bellezze paesaggistiche e una produzione enologica dalle particolari caratteristiche. Dal Soave al Lessini Durello, da Gambellara ai Colli Berici fino ai Colli Euganei in Veneto il percorso è stato breve, ma allo stesso tempo estremamente vario. E poi in Toscana il Bianco di Pitigliano e Sovana, in Umbria l’Orvieto per proseguire a Sud in Basilicata con l’Aglianico del Vulture e traghettare per la Sicilia arrivando a Milo alle pendici della “montagna” per i vini dell’Etna. Dall’Italia verso l’Austria, l’Ungheria e la Grecia a Santorini e poi fino a Capo Verde in Africa e al Monte Fuji in Giappone. I vini che nascono da questi territori sono diversi per identità e potere evocativo, forti di storia, mito e di paesaggi plasmati dalla viticoltura.

“I vini vulcanici – spiega Valeria Fasoli, presidente delle Donne della Vite –  hanno un’identità che nasce dal suolo in cui affondano le loro radici, spesso in zone di produzione dal paesaggio di notevole bellezza. Per queste ragioni sono vini che riflettono particolarmente bene lo spirito delle “Donne della Vite” che tengono sempre ben presente l’approccio agronomico, perché - non dimentichiamolo- il vino nasce innanzitutto in un specifico luogo e poi viene tutto il resto”. “È la stessa origine a rendere i vini dei vulcani ambasciatori dei propri vitigni autoctoni e dei territori di produzione con caratteristiche paesaggistiche peculiari- sottolinea Clementina Palese, vicepresidente dell’Associazione. Un’inclinazione naturale che li rende affini ai principi e alle attività delle Donne della Vite tra cui la tutela del paesaggio, un tema su cui abbiamo lavorato negli ultimi due anni producendo una ricerca che ha dimostrato scientificamente la relazione forte e positiva tra il paesaggio viticolo e la percezione della qualità del vino”.

Sono state raccontate dai Consorzi di tutela nove denominazioni vulcaniche italiane – Soave, Durello, Gambellara, Colli Euganei, Colli Berici, Orvieto, Bianco di Pitigliano, Aglianico del Vulture ed Etna sostenuto da ViniMilo – e cinque zone di produzione estere Giappone, Ungheria, Santorini (Grecia), Stiria (Austria) e Capo Verde (Africa). A concludere l’evento si è svolta una degustazione, guidata da Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere. “Sono vini- ha detto Torcoli- che  provengono da terreni che vantano e scontano al contempo una variabilità quasi di metro in metro, spesso in giaciture difficili che quindi richiedono una gestione particolarmente attenta e di precisione”.