La magia soffusa delle valli


Testo di Gabriella Montanari

Foto di Gabriella Montanari e Archivio


Tutte le stagioni sono emotivamente giuste per visitare il Parco regionale del Delta del Po. Insieme alla primavera tornano i fenicotteri e la voglia di gite fuori portata. In estate è tempo di escursioni adriatiche e fritto misto di paranza. D’autunno si sta come la nebbia sui canali. L’inverno porta presepi sulle barche e fame di capitoni. Il delta è un ventaglio dolce-salato che smista venti ravennati, ferraresi e rovigoti. La Romagna e il Polesine non sono mai stati così sciolti l’una nell’altro. Sulla romana statale Romea i lidi ravennati cedono la spiaggia a quelli comacchiesi. Porto Garibaldi è la meta preferita da gourmet e ristoratori della riviera per lo shopping ittico. Sin dalle prime ore del mattino il portocanale formicola di acquirenti avveduti e gabbiani tenaci, tutti ugualmente interessati ai frutti del mare raccolti dai pescherecci: sarde, sardine e sardone, sgombri, orate, branzini, triglie, sogliole, rombi, calamari, seppie, gamberi, san pietro, cannocchie, vongole, cappe sante e lumachine. Tra pesci, molluschi e crostacei nessuno manca all’appello gastronomico.

Le friggitorie sfrigolano, il dialetto locale impazza. Atmosfera felliniana à gogo. Dal porto salpano ogni giorno le motonavi a gestione familiare che da generazioni trasportano locali e turisti lungo la rotta dei mitili. Si è accolti con gentilezza e caffè alla sambuca. Prima visione: gli allevamenti di cozze che tempestano la superficie del mare di boe multicolori, facendola assomigliare a una distesa di smarties. Segue una tappa all’«Isola dell’amore», una striscia di terra capitanata da un faro imponente. Un nido nel quale, all’inizio del Novecento, gli innamorati venivano a rifugiarsi per potersi scambiare effusioni al riparo dagli occhi vigili e bigotti di familiari e parenti. Qui la spiaggia è una galleria a cielo aperto che accoglie le sculture lignee trasportate dall’Adriatico. Qualcuno pesca. Qualcun altro va a caccia di more selvatiche. Quindi ci si avventura nel labirinto di canali e giunchi disegnato da due rami del fiume, il Po di Gnocca e il Po di Volano. Dal verde salmastro spuntano germani, garzette, gru e cavalieri d’Italia. Sui tetti dei casoni abbandonati i cormorani asciugano le piume corvine al sole.

La pausa pranzo si fa a bordo, all’ombra dei canneti. L’equipaggio ha pescato, pulito, cucinato e servito grigliata di alici, risotto alla marinara e fritto misto. Ciambella e limoncello per i commensali sopravvissuti al pranzo pantagruelico. E, dulcis in fundo, il pasto dei gabbiani a poppa: una flotta di volatili insegue e cattura al volo resti di pesce e di pane. Uno spettacolo da guinness. Del resto tutto il Parco del Delta è spettacolare. L’ambiance è unica. Lo scenario lagunare costellato di padelloni (i grandi capanni da pesca su palafitte), argini marittimo-fluviali ed edifici consacrati alla lavorazione dell’anguilla, affascinò a suo tempo il regista Bigas Luna che lo scelse per ambientarvi il film Bambola. E poi Comacchio, la piccola Venezia. Con le sue gondole a buon mercato, i Trepponti, il Museo della nave romana e il festival dei Buskers, è uno di quei piccoli tesori che l’Italia sa ancora preservare, per lungimiranza o per miracolo.

Le valli del Delta del Po sono un luogo umano dai tratti marcati, parlano con accento viscerale, fanno comunella con gli animi sensibili. Agiscono sulle indoli più artistiche come una potente calamita. L’acqua, dai cunicoli palustri all’orizzonte marino, è la regina indiscussa di un paesaggio agghindato di riflessi, lastre, ombre e specchi. Tutto è doppio nella laguna che sale e affonda. L’aria trasuda onirismo. Aironi e salama da sugo. Folaghe arrosto e l’Agnese va a morire. Capanno di Garibaldi e sacello di Anita. Pinete, distese di limonio e Abbazia di Pomposa. Saline e lavorieri.  Qui gli odori sono buoni, profumi autentici. La musica è un piano senza forti. Il viaggio è fuori e dentro di sé.